Ieri Papa Leone XIV ha incontrato il metropolita di Volokolamsk, in Russia, Antonij. L’aggettivo «storico» si spreca il più delle volte per banalità, ma non in questo caso. La ragione è evidente. Antonij è il presidente del Dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca: ovvero il “ministro degli Esteri” della Chiesa ortodossa russa.
Parla con piena autorità a nome del patriarca di Mosca, Kirill, e già lo ha rappresentato al funerale di Papa Francesco.
Quello di ieri è stato insomma un incontro fra i vertici massimi della Chiesa Cattolica e dell’Ortodossia russa, stante che adesso un colloquio diretto fra Leone e Kirill è impensabile. Del resto Antonij ha accumulato negli anni esperienza preziosa a Roma, diventando, nel 2011, segretario delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia. E se resta il contrario di un ecumenista, l’ecumenismo lo conosce be ne.
Leone ed Antonij hanno parlato anche di Medioriente (la Russia è decisiva pure in quello scacchiere), ma al centro del colloquio c’è stata ovviamente l’Ucraina. Antonji lo ha sottolineato, ricordando a Leone (riferisce il Patriarcato) la persecuzione (così dice Mosca) della Chiesa ortodossa ucraina.
«La posta in gioco è arrivare alla pace entro fine anno dopo la campagna estiva. Tutti sanno che fino a settembre andrà avanti l’attacco dei russi e che gli ucraini risponderanno ma si spera siano gli ultimi scoppi prima di una fase interlocutoria ma non violenta», commenta padre Stefano Caprio, missionario del Pime, docente di Storia e cultura russa al Pontificio istituto orientale di Roma. Ma non è tutto. C’è infatti un motivo per cui la diplomazia vaticana è da sempre formidabile. Non infallibile, ma strategica sì (e non essendo infallibile, quando sbaglia, perché anch’essa sbaglia, l’errore diventa ancora maggiore). Il motivo è che il Vaticano tratta le relazioni internazionali come se Dio non esistesse e assieme come se tutto dipendesse da Dio. Ciò la rende non soprannaturalista ma provvidenziale, non irenista ma oculata, non determinista ma previdente: in due parole, prudente e (almeno tentativamente) giudiziosa.
Calato nell’incontro di ieri tra Papa Leone e il metropolita Antonij ciò significa che i rapporti annosi fra la Chiesa Cattolica e il mondo cristiano ortodosso hanno certamente dato contesto e contorni al colloquio. Anche Papa Francesco lo ebbe ben presente (venendo persino accusato di troppa contiguità con Mosca) quando incontrò Kirill a Cuba il 12 febbraio 2016, ben prima dell’invasione dell’Ucraina.
Un secondo incontro fra i due invece sfumò per le esagerazioni di Kirill: nel frattempo Vladimir Putin aveva invaso l’Ucraina e il patriarca aveva benedetto tutto come guerra santa. Qui non c’entra, però, soltanto l’aspetto squisitamente teologico, se ha ragione (come pare averne, almeno descrittivamente), il politologo francese François Thual, scomparso un anno fa, che ha parlato di «geopolitica delle religioni» e in specie di «geopolitica dell’ortodossia».
In questo contesto, a Leone non sfugge comunque nemmeno un’altra dimensione. Le rivelazioni della Madonna a Fatima nel 1917. A questo punto i più cambiano canale, ma il Pontefice no. La Vergine in Portogallo rivelò un messaggio misterioso in tre parti (non “tre segreti”). Un elemento del messaggio chiede al Pontefice la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria per scongiurare la distruzione all’umanità. Perché la Russia? Perché la Russia comunista si apprestava (accadeva tutto prima della Rivoluzione di Ottobre) a diventare il flagello in grado di spazzare via il mondo. Se la consacrazione avverrà, dice il messaggio, «la Russia si convertirà; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte». Tutto puntualmente realizzato, ma non è ancora questo il nodo.
Il nodo è che Leone XIV sa che Fatima non è dogma di fede, ma che pure nessuno, lui per primo, è autorizzato a dismettere il messaggio come fantasia. Incontrando Antonji sapeva e sa che il cuore di tutto sta nella conversione della Russia. Anche il metropolita Antonij sa di Fatima. Sa che per Leone il centro è la conversione della Russia. Ovvero che l’Ortodossia (in qualche modo sublime che non spetta a un giornalista stabilire) smetta di dividere il Corpo mistico di Cristo.
La cosa può essere messa nel modo più elegante immaginabile, ma resta sempre il fatto che gli ortodossi debbano piegare il capo a Roma (e a certi filo-putiniani va ricordato che fino ad allora la Russia continuerà a disseminare errori e orrori). Sfugge a certi cronisti, ma nel mondo putiniano-ortodosso tutto questo pesa mille volte di più di Nato, Unione Europeae così via. Lo ha detto venerdì Antonji a la Repubblica, affermando che su Kiev Leone non è neutrale.