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Gaza, Trump, Meloni? Il decalogo del rosicone: tutte le follie di una sinistra disperata

di Daniele Capezzone domenica 12 ottobre 2025

5' di lettura

«A me, m’ha rovinato la guerra» (anzi, in romanesco, la “guera”, con una erre sola) era un leggendaria battuta del grande Ettore Petrolini. Ad altri invece, cioè ai pacifisti professionisti dei nostri giorni, alla sinistra assortita, ai campolarghisti, ai gazisti inconsapevoli, agli utili idioti del terrore, agli antifascisti da salotto, è stata fatale non la guerra ma l’improvvisa pace in Medio Oriente. Per sorridere insieme di domenica mattina, immaginatene uno a piacere, il vostro preferito, che so, un Maurizio Landini ululante o una Francesca Albanese con le sue faccine, oppure uno zatterante della Flotilla o invece un piddino di rito schleiniano, mormorare sconsolato: «A me, m’ha rovinato la pace». Poveracci, se non suscitassero un mix di ridicolo e rabbia, bisognerebbe quasi capirli: avevano puntato tutto sul disastro in Medio Oriente, su operazioni militari lunghe ancora per mesi e mesi, sui numeri del mitico “ministero dell’informazione” di Hamas da spacciare come vangelo laico. E su questa impalcatura avevano convocato piazze e piazzate, occupazioni scolastiche e universitarie, con annessi palinsesti televisivi.

E adesso invece? Per colpa di quel fascista di Trump, tutta la costruzione farlocca è venuta giù come un castello di carte. E allora - con compassione e spirito missionario - interveniamo noi di Libero, per fornire a questi sciagurati una specie di “decalogo”, che potremmo chiamare il Decalogo del Rosicone. Ecco insomma le dieci cose a cui gli sventurati orfani della guerra possono tentare di attaccarsi. Abbiamo trascurato solo una cosa a cui potrebbero efficacemente attaccarsi: ma il garbo ci impedisce di menzionarla. Pur con questa significativa omissione, procediamo, dunque.

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1. «È stato merito delle piazze».
Rischia la camicia di forza o l’intervento di robusti infermieri, ma con la dovuta faccia tosta (quella non manca mai) il rosicone di sinistra può provare a sostenere che le piazze italiane abbiano avuto un ruolo nella tregua. Non sarà semplice collegare il blocco della tangenziale di Bologna al cedimento da parte di Hamas o lo sfascio della stazione di Milano al rilascio degli ostaggi israeliani, ma il nostro rosicone non si perderà d’animo per simili dettagli.

2. «È stato merito della Flotilla».
Anche qui il pericolo che qualcuno rida in faccia al povero rosicone è elevato, ma il nostro eroe non si scoraggerà, e magari in qualche talk-show amico (cioè quasi tutti) ci proverà e dirà stentoreo: «È stata l’iniziativa della Flotilla a smuovere le coscienze». In effetti, i servizi segreti occidentali avrebbero raccolto indiscrezioni secondo cui alcuni atti di vero sadismo verso i nostri parlamentari da parte dei militari israeliani, come il sequestro della cremina abbronzante e del gel igienizzante, abbiano creato forte emozione e solidarietà anche nell’ala più combattiva di Hamas, inducendola alla resa. L’importante è crederci (per loro), e per noi evitare di morire dal ridere.

3. «Ma ora c’è di mezzo Tony Blair».
A corto di argomenti, il nostro rosicone deve tentare di ricorrere al complottismo anti-Blair, descrivendolo come il capo di una superlobby affaristica, di una massoneria mondiale, di una piovra atlantista e capitalista che dissanguerà il Medio Oriente. In effetti, pensando alla delicata e difficile opera per rendere possibile la prospettiva di una statualità palestinese, Trump e gli altri, anziché Blair, avrebbero potuto puntare su autorevoli personalità italiane. Ad esempio, per fare un solo nome, è stato ingiusto trascurare il curriculum di Enzino Iacchetti: almeno i poveri palestinesi si sarebbero fatti due risate.

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4. «Ma adesso la ricostruzione la faranno le orride corporations americane».
Qui si tratta, per il nostro rosicone, di tirar fuori il meglio del repertorio anticapitalista e antimercato, e dare l’idea di una gigantesca speculazione. Quindi gli stessi che fino a ieri piangevano per la distruzione di Gaza oggi si disperano se si parla di ricostruzione. O forse no: l’idea geniale (colpa del solito cattivone Trump) che è stata accantonata era quella di convocare Giuseppe Conte per fargli applicare il superbonus 110% a Gaza. Sarebbe stato fantastico. Immagina l’arrivo di Giuseppi, con la pochette in mezzo alle macerie, che grida: «E come la ricostruiamo Gaza? Graduidamendeeeee». Spettacolo puro.

5. «Tanto la tregua non funzionerà».
Il rosicone più strutturato, potremmo chiamarlo il rosicone-analista, punterà su questo. Farà la faccetta preoccupata e spiegherà non quello che anche un bambino piccolo già sa (che l’implementazione dell’intesa sarà ovviamente un’impresa delicata e difficilissima), ma che l’accordo di sicuro non funzionerà. Siate gentili, però. Non chiedetegli quale sia l’alternativa che propone lui: perché il nostro eroe potrebbe rimanere vittima di una crisi di nervi, e vi resterebbe sulla coscienza.

6. «Noi continuiamo a manifestare».
Questo è un caso di coazione a ripetere, per i pazienti più cronicizzati si può parlare di disturbo ossessivo-compulsivo. Il progressista militante (nella fattispecie anche un po’ militonto) è vittima di un riflesso pavloviano, reagisce a comando, e ripete lo stesso schema. Dunque, continua a organizzare una pioggerellina di manifestazioni e di occupazioni scolastiche e universitarie, nonostante la pace. Se volete farlo impazzire, limitatevi a una domanda: «Scusa, ma perché manifesti ancora?».

7. «Trump vuole fare ancora la guerra contro l’Iran».
Questo è un altro argomento per il rosicone che si dà l’aria di grande esperto di geopolitica. Vi spiegherà che Trump vuole la guerra anche quando realizza la pace. Che la pace è un inganno, un imbroglio, anzi solo un intervallo tra una guerra e un’altra guerra. Se la cosa vi fa sorridere, fatelo parlare. Se invece vi siete stufati, chiedetegli come stiano donne, dissidenti, e persone omosessuali a Teheran. Avrete come risposta un lungo minuto di silenzio.

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8. «È la polizia che alimenta la tensione in Italia».
Questo argomento, obiettivamente da pazzi dopo che in due settimane in Italia sono stati feriti oltre 150 agenti dai “pacifici manifestanti”, può essere utilizzato o da un giovane imbecille o da un vecchio imbecille. Diciamo che l’imbecillità è obbligatoria, mentre la giovinezza è facoltativa.

9. «E comunque non è merito di Trump».
Qua il nostro rosicone è quasi all’angolo. Gli resta questo argomento autoconsolatorio: credere, o almeno illudersi di credere, che il Puzzone in Chief non c’entri nulla, che non abbia avuto alcun ruolo in questa faccenda. E voi assecondatelo paternamente: «Ma infatti», potete sussurrargli, «non è stato mica Trump: hanno pensato a tutto Bonelli e Fratoianni».

10. «Però la Meloni». 
E qui siamo all’argomento della disperazione. Quando il rosicone di sinistra ha esaurito tutto il repertorio, quando non gli resta più nulla, nemmeno le lacrime per piangere, allora c’è un’ultima carta che getterà sul tavolo: «Però la Meloni...». I puntini di sospensione possono essere completati con un’obiezione a caso, con una cazzata a piacere. Nei casi più gravi, se avete compassione del tapino, consegnate voi stessi al rosicone un pezzo di carta in cui c’è già scritta la parola Meloni. E a che scopo, direte voi? Semplice: guardate con tenerezza il rosicone di sinistra, e ditegli di colorare il foglio come preferisce.

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