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Olanda, il centro fa la destra e la sinistra esulta

Bizzarra la sintesi delle elezioni nei Paesi Bassi fatta dai quotidiani italiani
di Giovanni Longoni venerdì 31 ottobre 2025

3' di lettura

La sinistra esulta perché un partito di centro, con un programma di destra, ha superato di pochissimo la destra. È questa la sintesi delle elezioni nei Paesi Bassi visto dai quotidiani italiani che vanno per la maggiore. Partiamo dalle estreme: Repubblica giovedì titolava “Olanda, voto a sorpresa. I liberali pro Ue battono l’ultradestra di Wilders”. Sulla Stampa (stessa parrocchia GEDI) si leggeva: “Olanda, rivoluzione Jetten. Il liberale pro-Ue ferma l’ultradestra di Wilders”. Complimenti per la parafrasi. Poi oggi si è saputo che fra i “cattivi”, cioè i sovranisti e anti-islamici guidati dal biondo Geert e i “buoni” del volto nuovo Rob Jetten c’è stato un serrato testa-a-testa e Wilders ieri sera ancora non concedeva la vittoria all’avversario. Si andrà all’ultimo voto.

Inappuntabile il Corriere della sera: “Voto nei Paesi Bassi, cala Wilders. Socioliberali in testa: rebus alleanze”. Lettura realistica delle elezioni nelle quali in effetti il PVV di Wilders da primo partito sarebbe calato al secondo posto perdendo la bellezza di 11 seggi. Giusto anche il giudizio sulle difficoltà per creare un nuovo esecutivo, anche se è una situazione tipica di un Paese tradizionalmente frammentato. A questo giro, sono quindici le sigle a entrare nelle stanze del Ministero degli esteri che ospita la Camera dei Rappresentanti dei gloriosi Stati Generali, in attesa della fine dei lavori di ristrutturazione del bel palazzo del Binnenhof. Per evitare di fare brutte figure coi colleghi di testate più liberamente schierate coi progressisti, però, anche il quotidiano diretto da Luciano Fontana ha trovato spazio per una stoccata alla destra: accanto alla cronaca di Irene Soave, ecco una sua intervista al politologo Joost van Spanje, secondo cui è stata «Bocciata l’ultradestra: paga troppa fragilità». Ma è vero che l’ultradestra è stata bocciata? Wilders sì, lo abbiamo visto.

Paga senza dubbio la sua posizione indecisa e altalenante, un po’ di appoggio al governo uscente conservatore e un po’ all’opposizione, scelta che alla lunga ha provocato la lenta agonia dell’esecutivo guidato (si fa per dire) da Dick Schoof. L’indipendente ex laburista era stato messo a capo di una coalizione fra VVD, cioè gli orfani di Mark Rutte, i democristiani di Nsc e BBB, la lega agraria della impetuosa Caroline van der Plas. Diversi i destini di queste tre formazioni: gli ultimi, populisti euroscettici, se la sono cavata con un dimezzamento dei consensi. Nulla rispetto allo Nsc che da quarto partito del Paese è ormai estinto: da 20 a 0 seggi in una notte. I liberali ex ruttiani invece si ritrovano con due seggi in meno e la prospettiva di diventare i primi della classe in un futuro governo Jetten, il cugino liberale teoricamente di sinistra (poi spieghiamo perché). Se Geert ha perso, le altre liste sovraniste invece hanno portato a casa successi importanti. Il Forum per la democrazia di Thierry Baudet e JA21 (Juiste Antwoord 2021), nato da una scissione dal Forum, sono passati rispettivamente da 3 a 7 e da 1 a ben 9 seggi. Ma è soprattutto il partito vincitore, D66 (Democraten 66 dall’anno di nascita, come l’AZ67 nel calcio) considerato di centrosinistra, ha messo nel programma che lo ha portato al boom di consensi una visione dell’immigrazione “di destra”, imperniata sullo slogan «da migrazione che ci succede a migrazione che controlliamo».

Idee che avevano suscitato critiche da sinistri & ong. La situazione ora è questa: i partiti di centro, liberali e democristiani, avrebbero circa 66 seggi sicuri. I sovranisti 46. La sinistra 26. Gli altri, fra cui pensionati ed estremisti protestanti (giuro...), 12 seggi. Per governare senza lexotan serale, Jetten deve raggiungere 75 seggi (150 sono i Rappresentanti, il Senato è scelto in modo renziano). Quindi, se si esclude l’alleanza con le destra, al D66 non resta che o imbarcare l’incerottata sinistra (Frans Timmermans ha dato le dimissioni dopo la débâcle) ma rinunciare alla lotta ai clandestini oppure farsi ricattare dalle sigle minori. Estremisti protestanti inclusi.

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