Ha rassegnato le proprie dimissioni Andriy Yermak. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato che il capo dell'Ufficio presidenziale ha lasciato il proprio incarico attraverso una lettera. Lo ha dichiarato lo stesso presidente ucraino in un discorso ufficiale. "L'Ufficio del Presidente dell'Ucraina subirà dei cambiamenti. Il capo dell'Ufficio, Andriy Yermak, ha scritto una lettera di dimissioni", ha affermato il capo dello Stato aggiungendo che domani terrà delle consultazioni per decidere chi potrà guidare questa istituzione. "La Russia - prosegue - desidera fortemente che l'Ucraina commetta errori. Da parte nostra non ci saranno errori. Il nostro lavoro continua. La nostra lotta continua. Non abbiamo il diritto di mollare, non abbiamo il diritto di ritirarci o di litigare fra noi. Se perdiamo l'unità, rischiamo di perdere tutto: noi stessi, l'Ucraina, il nostro futuro. Dobbiamo restare uniti. Dobbiamo resistere. Non abbiamo altra scelta. Non avremo un'altra Ucraina. Difendiamo l'Ucraina".
Solo poche ore prima la residenza di Yermak era stata perquisita dagli agenti dell'Ufficio nazionale anticorruzione dell'Ucraina (Nabu) e della Procura specializzata anticorruzione (Sapo). A fare da sfondo l'inchiesta "Midas" su un presunto sistema di corruzione nel settore energetico, che ha già portato all'arresto di cinque persone e alla fuga all'estero di due imprenditori. Tra questi, Timur Mindich, ex comproprietario dello studio Kvartal-95 e considerato vicino al presidente Zelensky, e Oleksandr Zuckerman.
Altri sospetti riguardano dirigenti di Energoatom, tra cui l'ex consigliere del ministro dell'Energia Ihor Myronyuk e il direttore esecutivo per la sicurezza Dmytro Basov. Il 13 novembre il presidente Zelensky ha imposto sanzioni a Mindich e Zuckerman. Il 19 novembre, poi, la Verkhovna Rada (il Parlamento monocamerale di Kiev) ha votato per la rimozione di Herman Halushchenko dall'incarico di ministro della Giustizia, anch'egli coinvolto nell'indagine. Yemark era l'uomo chiave del presidente nei negoziati con Mosca, motivo per cui - con le sue dimissioni - non si esclude un'accelerazione sulla tregua.