Il concorsone l’hanno inventato i cinesi: la data ufficiale è il 605 dell’era cristiana quando per volere dell’imperatore Sui Yangdi venne istituito un esame scritto per selezionare i funzionari statali. Perfezionato in era Tang, l’esame imperiale «keju» ha attraversato i millenni, è stato copiato in Occidente e adattato alle nuove circostanze politiche e sociali nel paese che lo ha creato. Anche al giorno d’oggi nella Cina comunista, che con Mao aveva cercato di sradicare ogni retaggio imperiale e confuciano, il concorsone è un momento centrale nella vita del paese e delle singole persone. Ieri e sabato per esempio si è svolto il grande esame nazionale per l’accesso alla pubblica amministrazione, con numeri record: oltre 3,7 milioni di candidati per soli 38.100 posti nelle agenzie centrali del governo e nei loro enti affiliati. Le cifre dipendono dal fatto che il tetto anagrafico, tradizionalmente fissato a 35 anni, è stato alzato a 38 anni per la maggior parte dei profili, e fino a 43 anni per chi possiede titoli avanzati come master o dottorati. La misura riflette l’evoluzione demografica del paese e la necessità di includere candidati con percorsi di studio più lunghi o carriere irregolari, in un mercato del lavoro sempre più competitivo. Gli stipendi pubblici non sono sempre elevati, ma il privato è in crisi. E il posto fisso fa gola; qui si chiama «la ciotola di riso in ferro».
*** Dopo il catastrofico incendio del complesso residenziale Wang Fuk Court, con almeno 128 morti e 150 dispersi, il governo locale di Hong Kong ha annunciato ispezioni su tutti i ponteggi della città e non esclude il passaggio al metallo per una parte significativa dei nuovi progetti pubblici. Una scelta che tocca un nervo culturale: il bambù, bandito nella Cina continentale dal 2022, a Hong Kong è percepito come un patrimonio identitario. Si tratta di una tradizione secolare apprezzata anche dai coloni britannici che scelsero di preservarla dopo il loro arrivo sull'isola nel 1841. Sui social cinesi è nel frattempo diventato virale l'hashtag «Perché a Hong Kong usano ancora le impalcature di bambù», con molti utenti che invocano un cambio di rotta più in linea con gli standard delle grandi metropoli continentali. Ma lavoratori e sindacati dell’ex colonia britannica continuano a difendere questa tradizione, ricordando che norme rigorose regolano materiali, spessori e tecniche di montaggio. La realtà infatti, secondo molti giovani sui social ed attivisti pro-democrazia, il problema non è il bambù, ma il mancato rispetto delle regole nel «sistema decadente» della Hong Kong post-legge sulla Sicurezza Nazionale.




