Arrivò un momento della storia in cui i romani, che avevano conquistato e creato il più grande impero della terra allora conosciuta, decisero di non essere più romani e soprattutto di non fare più i romani. I soldati-contadini, adagiati nelle mollezze del lusso, nello splendore e negli orientalismi, si rifiutavano di fare sia i soldati sia i contadini: più comodo far combattere gli altri, i barbari, ancora più comodo far lavorare gli altri, i sottomessi. Da Romolo che aveva fondato la città-stato il 21 aprile del 753 a.C. a Romolo Augustolo che ne vide la scomparsa nel 476 d.C. fu tutto un soffio impetuoso di civiltà che temprò l’occidente con l’idea stessa di Roma. Un’idea che rimarrà fino al 6 agosto 1806, l’altro ieri, ultimo atto del Sacro Romano Impero cancellato da Napoleone, che come lingue ufficiali aveva il latino e il tedesco.
Quello che scrive oggi in inglese Donald Trump con lo stile che gli è proprio potrebbe essere espresso con le circonvoluzioni della diplomazia ma la sostanza non cambierebbe. Inchioda l’Europa del blablà alle responsabilità sulla sua decadenza. Questo accade proprio quando il Vecchio Continente intonava i cori sulla decadenza dell’Impero americano affermato con la vittoria nella seconda guerra mondiale contro il nazismo e quella nella guerra fredda contro il comunismo, i due mostri novecenteschi partoriti dall’Europa. Non si è schiusa l’era della pace, della concordia e della sognata Arcadia, ma si è aperta quella del terrorismo, dell’espansione dell’Islam, dei sommovimenti geopolitici sottovalutati sui quali si è preferito chiudere gli occhi, come se la storia avesse smesso di camminare sulle sue gambe e si fosse piegata ai desideri dell’utopia universalista, possibilista, ecumenista. Diritti per tutti, doveri per pochi, realismo messo in soffitta come qualcosa da lasciare ad ammuffire per far splendere dogmi e postulati.
Donald Trump non è "l'anomalia" che ci raccontano ma rappresenta l'America più vera
C’è un vizio di fondo in molte analisi su Donald Trump e la politica americana. Quel vizio che fa parlare c...Un po’ come la Chiesa cristiana che con le sue idee sgretolò da dentro l’impero romano che dapprima aveva cercato di soffocarla avvertendone il pericolo (unico caso di religione perseguitata) e poi l’aveva tirata dentro il sistema di potere con Giustiniano, precursore del cesaropapismo. In mezzo, l’imperatore Antonino Caracalla, con la costituzione del 212 che estendeva la cittadinanza romana a tutti coloro che calpestavano il suo suolo.
Il privilegio di una volta (civis romanus sum lo ostentò con orgoglio anche San Paolo per pretendere di essere processato a Roma) diveniva moneta senza valore proprio perché tutto aveva come finalità l’aumento del gettito fiscale. I nuovi romani non pagarono le pensioni degli antichi romani, ma li scimmiottarono. La decadenza ha mille concause, non semplificabili, ma alcune sono esemplificabili rapportandole alla deriva di questa Europa che vaga smarrita sullo scenario della storia, cerca un palcoscenico con l’occhio di bue e non si accorge che non ha un copione decente da recitare e quello che declama è sbrindellato e velleitario.
Quando Trump lascia vedere la sua irrilevanza e rileva i prodromi della sua implosione mostra semplicemente che l’imperatore è nudo. Il finto impero europeo a 27 si è negato da solo a essere protagonista quando ha rifiutato, schifato dall’idea, di darsi una costituzione, di riconoscersi nelle sacrosante radici giudaico-cristiane, di dotarsi di un esercito comune. Ha pensato a disciplinare la curvatura delle banane e le dimensioni dei cetrioli, alla macedonia mista pure delle squadre di calcio (sentenza Bosman), a cancellare allevamenti e piantagioni, a ridisegnare arenili e stabilimenti balneari, celebrando mezze figure come geni della politica e ammassando una classe burocratica a Bruxelles che neppure Roma era riuscita a concepire. Come gli antichi romani del IV e V secolo ha pensato bene che la propria difesa poteva appaltarla all’esterno e pure che i propri confini dovessero essere teneri come quel tonno che si tagliava con un grissino, da un lato predicando i diritti urbi et orbi e dall’altro negando i doveri con l’immigrazione senza regole; e guardando torvo chi qualche residuo di buonsenso lo serbava, come a esempio la Polonia, intravedendo gli sconquassi sociali del rimescolamento selvaggio.
Il Luna Park dell’UE del «venghino siòri, venghino» con le parole di Trump si scopre come una grande giostra ubriaca di lucette ed effetti speciali che via via si stanno spegnendo. Crisi demografica affrontata con la partita doppia da ragionierucoli fantozziani, crisi internazionali senza uno straccio di idea praticabile tra un Macron con la baionetta inastata per far vedere che esiste, uno Starmer che non sa neppure se esiste, un Merz che vorrebbe esistere riesumando la potenza tedesca. Nell’impero che non c’è. Oggi persino la Turchia di Erdogan nel mondo pesa più dell’UE della spaesata von der Leyen, e non solo per frigoriferi, automobili e telenovelas. Mentre nella Bruxelles che crede di essere Roma si discute del nulla, Sagunto viene espugnata: lo zio Donald d’America gliel’ha detto a chiare lettere con una paternale da Washington.




