Effetti nefasti

Ursula Von der Leyen e il piano verde dell'Europa faranno a pezzi le industrie italiane

Sandro Iacometti

Gli ambientalisti sono delusi. Per Greenpeace e Legambiente le proposte della Commissione Ue sono troppo timide. A Bruxelles, invece, un'idea degli effetti devastanti che provocherà il pacchetto Fit for 55 (dove 55 sta per la riduzione percentuale di emissioni che si dovrà raggiungere entro il 2030) ce l'hanno già. Al punto che Ursula von der Leyen ha insistito molto sulla creazione di un Fondo sociale per il clima di circa 72 miliardi per andare incontro alle famiglie più penalizzate dal rincaro dell'energia. L'obiettivo è quello di scongiurare una rivolta sociale, sullo stile dei gilet gialli francesi. Ma qui non si tratta più solo di benzina o di bollette. Le misure annunciate ieri, per ironia della sorte lo stesso giorno che l'Opec+ ha trovato l'accordo sulla produzione sgonfiando il prezzo del greggio, non solo faranno aumentare tutto, ma rischiano pure di mandare a gambe all'aria interi settori produttivi. A cominciare dall'automotive, che dal 2035 non potrà più vendere veicoli a benzina o diesel (le emissioni dovranno scendere del 55% entro il 2030 ed azzerarsi totalmente cinque anni dopo). Una decisione che l'associazione dei produttori di auto europea Acea, contenendosi, ha definito «irrazionale», e quella italiana Anfia «sconcertante». Ma questo è solo il piatto forte. Nel menú della Commissione Ue ce n'è per tutti. Il sistema dei permessi di emissioni di CO2, attualmente limitato alle aziende che producono elettricità, ai cosiddetti energivori (acciaierie, raffinerie, cartifici, ecc) e all'aviazione commerciale, viene esteso al settore marittimo e a quello aereo. Un mercato di quote di CO2 parallelo sarà poi creato per i trasporti stradali e l'edilizia. Per avere una vaga percezione di cosa comporterà la riforma, vi basti sapere che dall'inizio dell'anno, grazie agli obiettivi di riduzione dell'inquinamento sempre più ambiziosi, in Europa il costo dei permessi per immettere CO2 nell'ambiente è schizzato del 140% arrivando a 58 euro per tonnellata. Il prezzo medio nel resto del mondo è di circa 3 euro.

BOLLETTE ALLE STELLE - Il che significa non solo bollette alle stelle, cosa che sta già accadendo, ma anche, come ha spiegato ieri il ministro Roberto Cingolani, che se in Italia facciamo acciaio verde sarà fuori mercato oppure, come ha detto l'ad di Eni, Claudio Descalzi, qualche giorno fa, che conviene chiudere le nostre raffinerie e comprare il carburante all'estero. Ed ecco, allora, l'altra idea geniale della Ue per arrivare alla neutralità climatica entro il 2050: introdurre dal 2026 un dazio ambientale per cemento, acciaio, alluminio, fertilizzanti ed elettricità. Chiunque importi questi prodotti dovrà pagare una tassa equivalente al costo della CO2 che avrebbe dovuto sostenere in Europa. Questo comporterà, ovviamente, l'aumento dei costi di tutte le materie prime e il rischio di una ridefinizione mondiale dei flussi commerciali. Ma non è finita. Aumenteranno pure le imposte minime dei principali carburanti fossili. Dalla benzina al gasolio fino, per la prima volta, al cherosene, cosa che ha fatto fare i salti di gioia al settore europeo dell'aviazione. La ciliegina sulla torta è il regolamento sulla condivisione degli sforzi che assegna a ciascuno Stato membro obiettivi rafforzati di riduzione delle emissioni per quanto riguarda gli edifici, il trasporto stradale e il trasporto marittimo interno, l'agricoltura, i rifiuti e le piccole industrie. Per l'Italia si tratta di un passaggio non di poco conto: finora l'obiettivo era una riduzione del 33% (entro il 2030), ora è stato portato al 43,7%. Infine, la direttiva sulle energie rinnovabili fissa l'obiettivo più ambizioso di produrre il 40% dell'energia Ue da fonti rinnovabili entro il 2030. Questo il commento di Confindustria: «Ora dobbiamo passare dalla discussione sugli obiettivi a un dibattito pragmatico sulle soluzioni, considerando tutte le opzioni possibili sulla base del costo e della reale efficacia». Una cosa è certa. Forse la Ue andrà in bancarotta, ma il verde non mancherà: da qui alla fine del decennio in tutta l'Unione bisognerà piantare almeno 3 miliardi di alberi.