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Ferrari, lo sfregio dell'Europa: "Nessuna deroga". La follia verde con cui vogliono rovinare Maranello

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Nino Sunseri
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La Ue condanna a morte la Motor Valley italiana. Il triangolo d'oro che nello spazio di cento chilometri fra Modena, Bologna e Reggio Emilia costruisce le auto dei sogni: Ferrari, Maserati, Lamborghini, Dallara, Pagani. Ma anche due ruote con la Ducati il cui motore Desmosedici resta ancora oggi il più potente del MotoGp. Un primato che tutto il mondo ci invidia tanto che anche i cinesi di Silk Faw hanno deciso investire da quelle parti 1,3 miliardi e mille assunzioni di costruire la loro hypercar dal costo di 2 milioni e una potenza da quasi 1.500 cavalli. Il prototipo proprio in questi giorni viene esposto alla settimana del design di Milano L'auto entrerà in produzione nel 2023 ma sarà già vecchia dal momento che i suoi tre motori elettrici sono affiancati da un otto cilindri da quattro litri che da solo sviluppa 918 cavalli. Il portavoce della Commissione europea ha annunciato che non ci saranno proroghe, nemmeno per le vetture ibride. L'opzione zero vale per tutti. «La proposta di riduzione del 100% delle emissioni delle nuove auto entro il 2035 riguarda tutte le case automobilistiche - spiegano a Bruxelles - anche la deroga per i piccoli produttori che vendono fra mille e diecimila auto all'anno sarà rimossa entro il 2030». Fine della trasmissione. Un'altra smentita per il ministro Cingolani, dopo quella rimediata pochi giorni fa sul rilancio del nucleare pulito.

 

 

 

Intervista

Il titolare della Transizione Ecologica proprio in conclusione del Forum Ambrosetti aveva annunciato in un'intervista a Bloomberg di essere in trattative con Bruxelles. L'obiettivo del negoziato sarebbe quello di ottenere una proroga per i costruttori di auto super-sportive considerando proprio i numeri limitati della produzione: circa dieci mila pezzi l'anno la Ferrari (la prima auto elettrica arriverà nel 2025), otto mila la Lamborghini, poche unità Pagani (il costo di un'auto è 2,3 milioni). Poche Dallara le cui auto stradali rappresentano una piccola diversificazione produttiva visto che la vera specializzazione della fabbrica riguarda le competizioni. Dal canto suo la Maserati ha già annunciato il programma per la progressiva elettrificazione dei nuovi modelli. Gli analisti di Equita avevano apprezzato le parole di Cingolani: «Qualunque intervento che renda più flessibile o allunghi i tempi per la transizione all'elettrico (o elimini l'obbligatorietà) sarebbe positivo diluendo l'intensità dei costi nei prossimi anni». Da Bruxelles la doccia fredda che, ancora una volta lascia Cingolani completamente isolato. Nell'intervista a Bloomberg era stato molto netto: «Se oggi pensassimo di avere subito una penetrazione del 50% di auto elettriche non avremmo neanche le materie prime per farle, né la rete per gestirla. Su un ciclo produttivo di 14 anni, pensare che le nicchie automobilistiche e supersport si riadattino è impensabile».

 

 

 

Lamborghini

A luglio quando Bruxelles aveva reso pubblico per la prima volta il calendario dei divieti, Cingolani aveva annunciato che senza modifiche la Motor Valley avrebbe chiuso. A Bruxelles non sembrano aver dato molto peso a queste minacce e ora bisognerà pensare al futuro. Ma che cosa è esattamente la Motor Valley? L'Unioncamere regionale conta oltre 16mila imprese con quasi 69mila lavoratori in Emilia-Romagna, che vale il 10% dell'intera filiera nazionale dopo Piemonte e Lombardia. I ricavi superano 21 miliardi, 12 nella parte manifatturiera, di cui oltre 8 a capo dei sei marchi top del settore. Gli addetti dal 2015 sono aumentati del 13,7% e l'export è cresciuto da 5,8 fino a 6,7 miliardi. Soprattutto la Motor Valley è diventata una formidabile calamita di investimenti internazionali. Prima di Silk Faw era stata l'Audi. Aveva speso 800 milioni per raddoppiare la fabbrica di Lamborghini e avviare la produzione del terzo modello della casa del Toro, il suv Urus, che ha portato oltre 700 assunzioni. Per non parlare della facoltà di Ingegneria a Bologna finanziata per far nascere i talenti di domani. Ora dovranno occuparsi di batterie anzichè bielle e pistoni. 

 

 

 

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