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Ucraina, inneggiare alla pace non basta: l'Europa diventi una potenza militare

Giuseppe Valditara
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Con buona pace di tanti commentatori, la Russia sta vincendo e l'Occidente sta perdendo. Anzi, a Kiev e dintorni si sta spegnendo, insieme con la globalizzazione, un mondo costruito sui valori di pace e diritti umani. A costo di perdite enormi, l'esercito russo sta per raggiungere i risultati perseguiti: conquistare tutto il sud dell'Ucraina, dal Donbass fino alla Crimea; costringere Zelensky ad accettare neutralità e disarmo ovvero a subire la resa di fronte all'invasore. 

 

Neutralità e disarmo sarebbero infatti la sconfitta del diritto internazionale e della sovranità popolare, e la vittoria dei rapporti di forza. Putin ha fatto comprendere che nel ventunesimo secolo è tornato possibile in Europa conquistare territori e vincere guerre aggredendo una nazione libera e bombardando civili: sta imponendo la legge del più forte, e sta dimostrando che i diritti umani e la pace, senza la forza delle armi o la capacità di fare sacrifici, sono «chiacchiere e distintivo». In questo contesto risuona patetica la voce dei giudici dell'Aja. L'Occidente aveva due sole possibilità per evitare la vittoria russa: non pagare le forniture di gas e di petrolio (un miliardo al giorno!) puntando al crollo del regime di Putin, oppure imporre la no fly zone sui cieli ucraini.

 

La seconda ipotesi sarebbe stata un azzardo, aver rifiutato la prima ha dimostrato la debolezza di un'Europa sotto ricatto. Del resto l'immagine devastante della fuga da Kabul aveva già dato il segnale di un Occidente incapace di farsi rispettare. Intanto soggetti chiave dello scacchiere mondiale hanno iniziato a capire che il vento della storia potrebbe cambiare direzione: gli Emirati ricevono Assad a braccia aperte promettendogli di adoperarsi per riammetterlo nella Lega araba. L'Arabia sbatte la porta in faccia a Biden. India e Pakistan si ritrovano a votare insieme contro America ed Europa nella mozione di condanna della Russia. Sullo sfondo la Cina, con Xi che gioca con Biden come il gatto con il topo. 

Aspettando il momento giusto per papparsi Taiwan. E intanto l'Africa, indebitata fino al collo con Pechino, attende di capire con chi schierarsi. Né si scorge qualcosa di positivo per il futuro: al di là di una scontata solidarietà di queste ore, nessun leader sembra avere il carisma per dare una svolta all'Europa e trasformare la Ue in una grande potenza militare. Nel ventunesimo secolo non basterà più declamare "peace and love" per governare le relazioni internazionali.

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