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Bruxelles, offerta segreta a Zelensky per entrare nella Ue: fine-guerra e trionfo per Putin

Carlo Nicolato
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La Commissione europea dunque annuncia col sorriso sulle labbra della Von der Leyen di aver presentato i suoi pareri sulla domanda di adesione all'Ue di Ucraina, Georgia e Repubblica di Moldova. La cosa in sé non significa molto, come da prassi il parere è stato chiesto dal Consiglio sulla base di tre criteri, quello politico, quello economico e quello sulla capacità del Paese di assumersi gli obblighi derivanti dall'adesione all'Ue. Al solito la Von der Leyen ha presentato la cosa come un successo acquisito, una conquista della Commissione che riconosce come i tre Paesi abbiano fatto passi da gigante per avere i requisiti necessari, anche se per la verità prima della guerra nessuno se n'era accorto: «Ucraina, Moldova e Georgia condividono la forte e legittima aspirazione di entrare nell'Unione Europea. Oggi stiamo inviando loro un chiaro segnale di sostegno alle loro aspirazioni, anche in circostanze difficili. E lo facciamo restando saldi sui nostri valori e standard europei, definendo il percorso che devono seguire per entrare a far parte dell'Ue», ha detto la presidente, secondo la quale anche la corruzione con superman Zelensky al potere è diventato un problema da niente per Kiev.

 

 

 

L'euforia della von der Leyen per l'Ucraina ricorda quello per il Green Deal, il parere della Commissione infatti non è neanche l'inizio dell'iter, è solo il prologo di un processo che potrà essere avviato solo dal Consiglio, magari anche la settimana prossima (ma non è detto), e che potrebbe durare perfino decenni.
All'Europa in fondo tutto ciò non costa nulla, lo status di candidato ce l'hanno Paesi che aspettano da lustri, la Turchia è in lista da 24 anni e molto probabilmente nemmeno entrerà mai in Europa.

 

LE CONDIZIONI - La questione per l'Ucraina però è sostanzialmente diversa, l'esigua possibilità di un iter accelerato c'è, lo si può leggere tra le righe delle dichiarazioni di Draghi, Macron e Scholz a Kiev dopo l'incontro con Zelensky. Si ignora di cosa i 5, compreso il premier rumeno, abbiano parlato lontano da telecamere e microfoni, è difficile che i tre leader abbiano promesso qualcosa che non avevano il potere di promettere, come appunto un canale privilegiato per entrare in Europa, ma è anche vero che negli ultimi 15 anni in Europa si è sempre fatto quello che la Germania voleva fare e ciò che vuole Berlino in questo momento è che la guerra finisca presto. In tempo prima dell'arrivo dell'inverno, prima che Putin possa chiudere i rubinetti del gas a suo piacimento dopo aver prosciugato, come sta già facendo, le scorte estive. Berlino, ha fatto notare il Welt, sebbene dica il contrario, sebbene la Ue sottolinei ogni volta che si sta lavorando per diversificare, non ha un "piano B", non ha alcuna possibilità di sostituire a breve termine il gas russo con quello proveniente da altri fonti se non a costi insostenibili per la propria economia.

 

 

 

LE TRATTATIVE - Ebbene al termine dell'incontro sia Macron, Draghi e Scholz hanno detto che vogliono l'Ucraina nella Ue e che spingeranno per questo. Hanno anche aggiunto di volere la pace e che è l'Ucraina che deve scegliersi la pace che vuole, nessuno si può sosti tuire a essa né trattare per essa. Dette così sembrano dichiarazioni di incondizionata fiducia a Kiev, ma in qualche modo possono anche sembrare un benevolo ricatto. La strada dell'Ucraina in Europa passa dunque per la pace e l'unica pace possibile in questo momento passa per la cessione del Donbass alla Russia. L'Occidente sta armando l'Ucraina, perfino la Germania lo sta facendo, ma non abbastanza perché vinca una guerra con la Russia, che infatti dopo le prime grandi sconfitte e il ripiegamento iniziale sta avanzando di giorno in giorno, di città in città. Il rischio piuttosto è che, gasato dai successi, Putin nemmeno più si accontenti del Donbass e rifiuti un'eventuale offerta di Zelensky. L'Occidente contava sulle sanzioni, ma le sanzioni non hanno mai vinto una guerra. E comunque non possono funzionare se al Paese sanzionato hai sciaguratamente affidato buona parte delle tue risorse energetiche. Senza considerare che a quelle sanzioni non partecipano la Cina, l'India e decine di Paesi più o meno economicamente consistenti. Putin, che ieri ha anche detto che nulla sarà mai più come prima, sa anche bene che Biden non se la sta passando bene tra inflazione e recessione in arrivo, e che gli americani sono sempre più contrari che si spendano soldi ed energie per la lontana Ucraina. In definitiva la promessa dell'Europa potrebbe rivelarsi una trappola per Kiev, costretta probabilmente ad amputare una parte del suo territorio per evitare conseguenze peggiori. E senza neanche la certezza di ottenere in cambio, in tempi ragionevoli, un posto a Bruxelles.

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