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Manfred Weber in Italia? Così Bruxelles legittima il sovranismo

Corrado Ocone
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Anche se non ha guadagnato le prime pagine dei giornali, la breve visita in Italia di Manfred Weber, il nuovo presidente del Partito Popolare Europeo, ha avuto un significato politico che non va sottovalutato. Non solo per il nostro centrodestra, ma anche per quella che in prospettiva potrebbe essere l'evoluzione del quadro politico europeo nei prossimi mesi. E di cui qualche anticipo si è già avuto con varie prese di posizione dello stesso Weber e, soprattutto, con la messa in piedi di una maggioranza diversa da quella che governa Bruxelles per l'elezione di Roberta Metsola a presidente del Parlamento di Strasburgo.

In effetti, almeno in Italia, la stagione del "sovranismo", i cui pregi e difetti saranno gli storici a valutare, è finita non tanto, come vorrebbero far credere a sinistra, per un ammorbidimento opportunista delle due maggiori forze di destra, ma soprattutto per un oggettivo "ripensamento" di Bruxelles. Il quale, si può oggi dire, ha le sue radici proprio nella lenta ma evidente riconversione della maggiore forza politica europea, cioè appunto i popolari, ad una posizione più consona rispetto alla propria tradizione e cultura di riferimento.
In poche parole, se ammorbidimento c'è stato, è perché, a suo modo, l'establishment europeo ha cambiato politica e ha fatto proprie molte delle politiche che, con toni sicuramente perentori e non poche contraddizioni, i "sovranisti" avevano perorato. A cominciare ovviamente da quel superamento degli stretti vincoli di bilancio che ha permesso la messa in campo delle risorse del Next Generation EU.

CAMBIAMENTO IN CORSO
Il ruolo di cerniera svolto dai popolari, dopo l'uscita di scena di Angela Merkel, è stato a dir poco determinante. Della visita di Weber a Roma non va perciò considerata solo la parte positiva per le forze che molto probabilmente governeranno l'Italia dopo il 25 settembre, ma anche il valore, simbolico e non, che questo appoggio assume agli occhi della classe dirigente europea, certificando per così al massimo livello il cambiamento in corso.

Detto altrimenti, se, da una parte, la visita "legittima" sicuramente la nostra destra, dall'altra, essa certifica anche che la stretta alleanza dei popolari con i socialisti e con la sinistra non è più scontata. Una alleanza che aveva fra l'altro partorito una sorta di antidemocratico "cordone sanitario" teso a isolare e togliere addirittura la parola a tutte le forze che non concepiscono il futuro dell'Europa nei termini illiberali con cui lo concepisce la predominante ideologia progressista.

Lungi dal limitarsi ad un endorsement per Forza Italia e per il piccolo gruppo dell'Unione di Centro di Lorenzo Cesa, entrambi aderenti al PPE, Weber ha dato anche un avallo alla loro scelta di collocarsi a destra mandando il messaggio che non c'è nulla da temere da un governo guidato, ad esempio, da Giorgia Meloni. Ha anzi aggiunto che un governo di destra è in questo momento la soluzione migliore per il nostro Paese. In molti, fra cui chi scrive, non hanno mai ritenuto che la destra italiana dovesse fare harakiri fino all'umiliazione per legittimarsi all'estero. Pur non nascondendosi che Bruxelles avrebbe potuto mettere non pochi bastoni fra le ruote di un prossimo governo di destra. Il fatto che più lascia ben sperare è che non solo ogni tentazione di "giocare sporco" potrebe oggi avere implacabili oppositori nel seno stesso della classe diigente europea, ma che, con un PPE che guarda alla sua destra, si potrebbero aprire spazi politici inimmaginabili. Sia per l'auspicato nuovo governo italiano, sia per chi, più in generale, pensa che la deriva liberal e relativistica dell'Unione Europea è deleteria per il futuro del nostro continente.

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