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L'Ue contro l'Italia per la "Golden power". Banche, è l'eredità Draghi

venerdì 21 novembre 2025

2' di lettura

Sventato il blitz dell'Unione europea sullo "Stato di diritto", ecco da Bruxelles arrivare un nuovo attacco all'Italia, stavolta finanziario. La Commissione europea ha mosso il primo passo formale su una possibile procedura di infrazione a carico di Roma per l'uso del cosiddetto "golden power" sul settore bancario.

Con un comunicato, l'esecutivo comunitario spiega di aver inviato una comunicazione di addebito alla penisola, che ora ha due mesi di tempo per rispondere ai rilievi mossi. L'Italia ha fatto ricorso a questo strumento sulla tramontata offerta di UniCredit per Bpm, che nel comunicato della Ue non viene esplicitamente menzionato.

La Commissione europea aggiunge che "la legislazione italiana si sovrappone alle competenze esclusive della Banca centrale europea nell'ambito del Meccanismo di vigilanza unico". Dal governo italiano è già arrivata una prima replica per bocca di Giancarlo Giorgetti: "La commissione solleva obiezioni sulla norma cosiddetta Golden Power, riformata nel 2022 con il governo Draghi. Sulla base delle valutazioni della sentenza risponderemo ai rilievi che ci vengono mossi nelle sedi competenti - spiega il ministro dell'Economia e delle Finanze -. Con spirito costruttivo e collaborativo faremo una proposta normativa che farà chiarezza e supererà le obiezioni. Siamo convinti che permetterà di avere un quadro di competenze condiviso". 

La procedura d'infrazione della Commissione europea ha inizio con una richiesta di informazioni ("lettera di costituzione in mora") cui lo Stato membro interessato deve rispondere entro un termine preciso, in genere appunto due mesi. Se le informazioni che riceve non soddisfano Bruxelles e si ha motivo di credere che lo Stato membro non stia ottemperando agli obblighi in forza del diritto dell'Unione, la Commissione può inviare una richiesta formale ("parere motivato") in cui ingiunge allo Stato membro di conformarsi al diritto dell'Unione e lo sollecita a comunicarle i provvedimenti disposti a tal fine.

Se lo Stato membro non provvede a conformarsi, la Commissione può decidere di adire la Corte di giustizia dell'Unione europea. Se la Corte emette una sentenza di condanna, lo Stato membro deve adottare le misure che l'esecuzione della sentenza comporta. Di fatto però, nel 90% circa dei casi, gli Stati membri si conformano prima di essere deferiti alla Corte. 

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