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Christian Vieri si confessa: "Mi trattò da mafioso, ma amerò l'Inter per sempre"

di Gian Marco Crevatin domenica 23 novembre 2014

2' di lettura

Silenzio, parla Bobo. "So come vanno le cose, in particolare nel calcio..." e come dargli torto: Christian Vieri, ventitré gol in Nazionale, nove ai Mondiali e 123 all'Inter in sei anni si confessa in una lunga intervista apparsa oggi, 19 novembre, su La Gazzetta dello Sport. Quello che, fuor di dubbio, è il centravanti più influente di un intera generazione pallonara ("la più forte che l'Italia abbia mai avuto assieme a quella del 1982") racconta una carriera di grazie e disgrazie divisa, fra le altre, tra Lazio, Milan, Juve, Inter e una breve (ma significativa) parentesi all'Atletico Madrid. Sull'Inter ci si sofferma per la maggior parte del tempo: l'amore e la delusione per i colori nerazzurri. "Bastava parlarci direttamente e non avrei avuto problemi ad andarmene in buoni rapporti. C’era aria di rinnovamento e dopo sei anni era forse anche normale puntare su altri giocatori. Ma perché non vedercela fra di noi, in amicizia? Perché cercare la rottura in quel modo?  Inter, croce e delizia - "È davvero un peccato che sia finita in un determinato modo. Amavo l’Inter, ho dato tutto, mi sono ammazzato per la maglia nerazzurra, ogni giorno. Agli allenamenti ero il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Non mi sono mai tirato indietro e a volte ho giocato nonostante non stessi in piedi. Però, mi dicevano: vai in campo, resta lì davanti anche fermo, che per noi va bene così. E io accettavo, perché ci tenevo davvero, anche a costo di fare figure di merda... Sì, scriva così" confessa Vieri alla rosea. Trattato come un mafioso - "Il mio rapporto con Moratti era speciale - continua il bomber - forte, decisamente forte. Ci sentivamo parecchie volte durante il giorno, anche alle 3 del mattino, ci confrontavamo su ogni cosa. Mi faceva sentire uno di famiglia. Insomma, stavo bene professionalmente e umanamente, e davo ogni mia energia per la squadra. Capite bene la terribile delusione nel momento in cui è emerso che mi pedinavano e addirittura intercettavano. Cavolo, queste sono cose che si fanno coi mafiosi..."  Un giorno dissi: 'Presidente, non ti preoccupare, se devo andarmene basta che me lo dici, non ci sono problemi'. E lui: 'No, no. L’Inter siamo io e te, le colpe sono sempre nostre per gli altri, le responsabilità ce le prendiamo sempre noi due. Ti voglio al mio fianco...'. Io allora insisto, per essere sicuro: 'Davvero presidente, se ci sono problemi...'. Risposta secca: 'Va tutto bene!'. Altro che tutto bene quando poi vieni a scoprire di essere intercettato...".

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