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Martini sfruttato fino alla fineLa sinistra ne fa Eluana in tonaca

di Matteo Legnani sabato 1 settembre 2012

3' di lettura

  Che il celebre fronte laico fosse messo maluccio lo si era intuito. Che fosse arrivato al punto di mettersi a strattonare per la tonaca un sacerdote in agonia, però, rappresenta un indubbio salto di qualità. Ad innescare tutto è il medico che, dando notizia dell’ingresso del cardinale Martini nella «fase terminale» comunica che «non ci sarà accanimento terapeutico». Il tempo di far rimbalzare le parole del sanitario sui media, che il riflesso pavloviano inizia a scattare in parecchie teste. Il cui schema di ragionamento è facilmente intuibile: la Chiesa vuole l’accanimento terapeutico; un alto prelato rifiuta l’accanimento terapeutico; gloria eterna all’eroe del dissenso.  Rosso porpora - I più svelti - come Nichi Vendola, secondo cui Martini "sceglie il primato della dignità , un atto straordinario su cui tutti, a partire dai vertici della chiesa, devono riflettere" - fanno in tempo ad intervenire che il cardinale è ancora vivo. Il popolo della Rete, al solito sensibile alle suggestioni tanto al chilo, adotta seduta stante il porporato morente ed inizia a rumoreggiare di "ultima lezione teologica" e di "esempio alla Chiesa per la Chiesa": "Almeno Martini sapeva che il Medioevo è finito". Da lì in avanti, il coro è pressoché unanime. Sinistra, Radicali, maestri del pensiero radical chic, persino qualche isolata voce di centrodestra, come quella del deputato del Pdl Alfonso Papa ("Il suo no al sondino fa riflettere"). Parenti Welby ed Englaro a tracciare paralleli tra le vicende dei propri cari e quella di Martini. Dario Fo butta lì che la scelta di rifiutare l’accanimento terapeutico "è stupenda e mostra che tipo di persona fosse". Tutti in fila  per rendere il più ipocrita degli omaggi, per travestire da pietà la smania di andare a sventolare quel corpo in faccia alla Chiesa dicendo: visto che anche i vostri ci danno ragione? Operazione esecrabile, se non altro perché la Chiesa mai ha preso posizione in favore dell’accanimento terapeutico (chiedere in merito a un certo Karol Wojtyla): circostanza che fa capire abbastanza chiaramente quanto misero sia il tentativo di contrapporre il compagno cardinale alle gerarchie cattive e insensibili. A far venire il nervoso vero, però, è un’altra cosa. Ossia che i laiconi impegnati nell’operazione di arruolamento postumo di Martini si comportano - si spera per loro senza accorgersene - allo stesso identico modo dei propri nemici: cioè i preti. I quali tradizionalmente detenevano il monopolio quanto a presidio capezzali di miscredenti: olio santo a portata di mano e sforzi titanici per strappare al peccatore, insieme all’estremo rantolo, uno straccio di preghiera o altro atto di fede bastante per decretarne la conversione in articulo mortis.  Cambio di ruoli - E, nonostante il discorso evochi immagini remote di reduci garibaldini sul letto di morte col proprio Don Camillo a fianco a sollecitare il supremo ripensamento, il trend era sopravvissuto fino ai giorni nostri. Il caso Guttuso, con la misteriosa conversione sul letto di morte - si dice propiziata con mezzi non trasparentissimi dal ticket Andreotti-cardinale Angelini  - dell’intellettuale organico al Pci per antonomasia che tante e grottesche polemiche avrebbe generato, data 1987: venticinque anni giusti or sono. Un quarto di secolo - che sull’orologio della Storia sarà si e no un quarto d’ora - ed il quadro si rovescia completamente. Abbrancati al capezzale dell’ avversario, onde provare a mungerne fino all’ultimo qualsiasi cosa risulti variamente riciclabile a sostegno della propria causa, stanno adesso i laici. Che non si accontentano più della messa, e pretendono di insegnare al prete anche come si dice l’Eterno riposo. di Marco Gorra  

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