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Brucia testo del Concilio Vaticano II

La provocazione di un sacerdote lefebvriano
di Maria Acqua Simi sabato 20 marzo 2010

2' di lettura

Ha preso un testo del Concilio Vaticano II e gli ha dato fuoco mentre officiava una funzione non meglio precisata nel suo scantinato di casa.. C on questo'ultimo azzardo don Floriano Abrahamowicz  sicuramente si è attirato uilteriori antipatie all'interno della Chiesa cattolica.  Il discusso sacerdote ha dato alle fiamme un testo del Concilio Vaticano II durante una funzione celebrata ieri nello scantinato di casa a Paese, nel Trevigiano, luogo che ha deciso di adibire a cappella. Secondo quanto riportato dal Gazzettino, don Floriano era finito nell'occhio del ciclone per le sue tesi "negazioniste", che lo portarono a sostenere che le camere a gas nel campo di concentramento di Auschwitz servivano solo "per disinfettare". Le polemiche lo portarono in rotta di collesione con la Chiesa romana e con la fraternità sacerdotale di San Pio X - movimento di matrice levebvriana cui apparteneva - tanto da esserne espulso. Durante la funzione di ieri don Floriano ha voluto marcare ulteriormente le distanze rinnegando con un gesto simbolico gli esiti del Concilio Vaticano II: "Tutto il Concilio va rifiutato come una torta avvelenata. La Chiesa ha sempre fatto bruciare i libri di eresia, di magia o di divinazione. E io così ritengo il Concilio Vaticano II". Secondo don Abrahamowicz il Concilio Vaticano II "ha sdoganato la divulgazione e il rispetto delle false religioni, aprendo le porte a grande confusione". La lettera di Benedetto XVI-  NEl marzo dell'anno scorso, con una mossa a sorpresa, umile e allo stesso tempo forte, Benedetto XVI  aveva deciso di spiegare personalmente all’episcopato cattolico la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani che aveva suscitato non poche polemiche. Lo fece con una lettera autografa rivolta a tutti i vescovi del mondo. Una lettera accorata e ferma in cui il Pontefice spiega il vero significato del suo gesto, ne ribadisce la necessità e l’urgenza inquadrandola nella priorità “suprema e fondamentale” della sua missione di successore di Pietro, non senza ammettere gli errori commessi nella gestione di tutta l’affaire. Una “parola chiarificatrice”, insomma, che ha come obiettivo dichiarato quello di “contribuire in questo modo alla pace nella chiesa”.

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negazionismo
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