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Sanzioni individuali dell'UE, modello sovietico piuttosto che europeo?

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La guerra in Ucraina continua a devastare il Paese e con essa le tensioni internazionali stanno assumendo una portata sempre più preoccupante. In risposta all'invasione russa, l'Unione Europea ha imposto una serie di sanzioni economiche strategiche contro il Paese invasore e una serie di sanzioni molto più dubbie sul profilo della loro efficacia e su quello del rispetto dello stato di diritto contro figure economiche russe di spicco. Tuttavia, invece di colpire direttamente i responsabili del conflitto, queste ultime hanno dimostrato gravi carenze legali e strategiche, colpendo soggetti che spesso non hanno nulla a che fare con la guerra. Trascurando le norme giuridiche e subordinando il diritto alla politica, l'approccio sanzionatorio dell'UE sembra paradossalmente essere un modus operandi tipicamente sovietico piuttosto che dell'Europa occidentale. E proprio come nel caso della ormai crollata Unione Sovietica, è legittimo sollevareprofondi interrogativi sulla legittimità e capacità di produrre risultati da parte di suddette sanzioni. Come liberale, non posso che essere sinceramente allarmato da quanto sta accadendo. 
 
Uno dei principi fondamentali su cui si basa l'Unione Europea è il rispetto dello Stato di diritto. Prima fra tutti, la presunzione di innocenza è un pilastro del nostro ordinamento giuridico, ma anche uno dei valori che ha portato la luce a seguito del periodo buio dell’Inquisizione. Le sanzioni individuali imposte a diversi uomini d'affari russi non hanno tenuto affatto conto di questo principio. Le restrizioni, tra cui il congelamento dei beni, dei conti bancari e le limitazioni alla circolazione, sono state imposte senza un “giusto processo”, sotto la spinta di un impulso politico. Decisioni figlie dell’ideologia, più che del Diritto. La qualità delle giustificazioni sulle sanzioni personali, per lo più basate su dichiarazioni non comprovate della stampa, fa pensare che siano state preparate in fretta e furia. C'è il caso del miliardario russo-uzbeko Alisher Usmanov, accusato in articoli di giornale di essere "l'oligarca preferito di Putin", evidentemente una speculazione giornalistica. Usmanov ha contestato con successo queste accuse nei tribunali europei, ma è cambiato qualcosa nel suo status sanzionatorio? La domanda è retorica. Il Tribunale dell'UE ha recentemente revocato le sanzioni contro Petr Aven e Mikhail Fridman, due soci di Alfa Group, un'importante società russa. Il tribunale ha stabilito che le sanzioni erano basate su prove insufficienti e che i criteri utilizzati per giustificarle erano vaghi e inadeguati. Nonostante queste vittorie legali, i due imprenditori sono stati reinseriti nelle liste delle sanzioni grazie ai criteri sanzionatori aggiornati dall'UE.
 
Un altro principio liberale chiave del diritto europeo è l'inviolabilità della proprietà privata. La prima cosa che le autorità europee hanno fatto al momento dell’imposizione delle sanzioni è stata quella di violarla, sacrificandola in nome della politica. Del resto, cosa c'è di più populista e spettacolare che vedere sequestrate ville e yacht di lusso, raccontando di "miliardi di euro sottratti al regime di Putin"? Tuttavia ci sono diversi problemi al riguardo. Primo: tutto ciò è illegale perché la proprietà privata è, nonostante tutto, ancora protetta nell'UE. In secondo luogo, il congelamento di queste proprietà non aiuta in alcun modo l'Ucraina o i Paesi europei perché non possono essere utilizzate. In terzo luogo, sono i cittadini europei a pagare milioni per mantenere ville e yacht sequestrati. Gli unici a beneficiare di queste misure sono i cosiddetti occupanti abusivi che si introducono nelle case congelate e ci vivono felicemente a spese dei contribuenti. È quello che è successo, sembra assurdo ma purtroppo è vero, con le ville dell'industriale dell'alluminio Oleg Deripaska e del magnate di internet Arkady Volozh. Tornando al parallelo con l'Unione Sovietica, nelle prime fasi di quel regime i comunisti praticavano le "espropriazioni" e le “raskulachivanie”, ovvero le cosiddette eccedenze venivano sottratte agli indesiderati e persone non autorizzate venivano trasferite nelle case dei nobili sfrattati al fine di occuparle.
 
Un altro aspetto inquietante, i membri delle famiglie di coloro che sono sottoposti a sanzioni sono spesso soggetti a sanzioni. Anche questo fatto riprende una nota pratica sovietica, cioè quella di punire i membri della famiglia di coloro che erano etichettati dallo Stato come "nemici del popolo". Ad esempio, la sorella di Usmanov, una ginecologa dell'Uzbekistan, si è trovata sottoposta a restrizioni perché fino al 2022 ha beneficiato dei trust di famiglia (una pratica comune in Europa), istituiti da Usmanov per gestire la sua eredità, che possedeva proprietà immobiliari in Europa congelate dalle autorità dell'UE. Nonostante non abbia mai posseduto o gestito i beni di questi trust a causa della loro struttura legale, e abbia successivamente firmato una rinuncia volontaria e irrevocabile in cui dichiarava che non avrebbe potuto beneficiare dei trust né ora né in futuro, anche “se le sanzioni contro di lei fossero state revocate", il suo nome rimane nella lista delle sanzioni dell'UE.
 
Questo è il tipo di "giustizia" che i facoltosi stranieri stanno affrontando ora, ma che potrebbe essere utilizzata in futuro anche contro di noi, cittadini europei? 

Ora guardiamo agli obiettivi dichiarati delle sanzioni: fermare la guerra in Ucraina. 
L'ex presidente del Chelsea Roman Abramovich, un altro importante uomo d'affari russo, è stato uno dei primi soggetti a rientrare nelle restrizioni. In che modo questo ha contribuito a fermare la guerra, se Abramovich è stato un negoziatore chiave tra Ucraina e Russia nel 2022, incaricato dalla stessa Ucraina? E qual è la logica di imporre sanzioni proprio a quei miliardari russi che hanno avuto il coraggio alzare la voce condannando l’invasione militare? Per esempio, Oleg Deripaska e Mikhail Fridman, i quali hanno criticato fermamente la guerra e hanno invitato il loro governo a non distruggere il Paese. 
 
Inoltre, colpendo gli imprenditori vicini all'Europa, l'UE sta di fatto scoraggiando ulteriori investimenti stranieri. Le sanzioni personali hanno avuto un effetto boomerang, spingendo molti imprenditori russi a rimpatriare i propri capitali e a rafforzare il loro sostegno a Vladimir Putin. È chiaro che le decisioni sulle sanzioni personali, laddove non poggino su una solida base giuridica e fattuale, sono un gigantesco errore giuridico, politico e strategico da parte del Consiglio dell’Ue. 
 
È tempo che l'UE riveda la sua politica sulle sanzioni ad personam, assicurandosi che le misure adottate siano basate su prove solide e rispettino i principi fondamentali del diritto europeo e internazionale. Avere il coraggio di tornare sui propri passi a favore del ripristino di un pieno Stato di diritto, cessando gli atti persecutori nei confronti dei parenti delle persone sottoposte a sanzioni, significa riaccendere la fiamma del Diritto, dei valori sui quali poggia la nostra Civiltà e dei principi fondativi dell’Unione Europea. Solo attraverso un approccio più equo e trasparente l'UE potrà recuperare e rafforzare la propria credibilità sul piano internazionale e contribuire efficacemente alla promozione dei diritti, della giustizia, della pace e della stabilità globale, tornarne insomma ad essere ciò che è sempre stata: faro e culla della civiltà.
 
On. Filippo Maturi
Parlamentare nella XVIII legislatura

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