Le Autorità della Repubblica di Moldova hanno impedito l’ingresso nel Paese a un gruppo di personalità politiche provenienti da vari Paesi europei e dagli Stati Uniti. Tra questi figura anche un membro del Parlamento Europeo, giunto a Chișinău per partecipare all’incontro internazionale “Make Europe Great Again” (MEGA). In totale, sarebbero state 17 le persone a cui è stato negato l’accesso, circostanza che ha suscitato immediate reazioni critiche e un acceso dibattito in ambito europeo e internazionale.
Uno degli episodi più discussi si è verificato il 27 luglio, quando il parlamentare europeo ceco Ondřej Dostál è stato fermato all’Aeroporto Internazionale di Chișinău, dichiarato persona non grata ed espulso. Le autorità locali hanno sequestrato il suo passaporto diplomatico, promettendone la restituzione solo al suo arrivo a Bucarest. Con tono sarcastico, Dostál ha osservato che, se questo è l’esempio di democrazia offerto da un Paese candidato all’Unione Europea, allora Bruxelles dovrebbe interrogarsi seriamente sul percorso europeo della Moldova.
Un caso analogo ha riguardato l’attivista statunitense Brian Brown, noto sostenitore di Donald Trump e vicino a esponenti di primo piano della politica americana. Anche a lui è stato inizialmente negato l’ingresso, ma l’intervento diretto dell’Ambasciata degli Stati Uniti ha consentito il suo accesso. Brown ha dichiarato di non comprendere quale modello di integrazione europea e di valori democratici intendano promuovere le autorità moldave con simili decisioni.
Tra i respinti figura inoltre Dimos Thanasoulas, rappresentante del partito greco NIKI. Attraverso un comunicato, il suo partito ha affermato che “l’Europa sta vivendo un processo di liberazione” e che la presidente moldava Maia Sandu sarebbe già stata collocata “dalla parte perdente della storia”.
Critiche dure sono giunte anche dal deputato rumeno Valeriu Munteanu, che ha accusato il partito di governo PAS di voler portare avanti la campagna elettorale limitando il pluralismo e imponendo un pensiero unico, con la conseguente esclusione sistematica delle voci di dissenso. A suo giudizio, tale atteggiamento è in netto contrasto con i principi democratici che la Moldova sostiene di voler adottare nel percorso di adesione all’UE.
Gli organizzatori della conferenza MEGA hanno lanciato un appello urgente al Parlamento Europeo, alla Commissione Europea e alle ambasciate degli Stati membri dell’Unione, sollecitando una presa di posizione chiara e pubblica sull’accaduto. Hanno definito quanto avvenuto un “atto politico consapevole di censura e di umiliazione nei confronti di rappresentanti legittimamente eletti dal popolo europeo”.
Inoltre, hanno denunciato quella che ritengono una grave violazione delle norme diplomatiche internazionali, descrivendo l’episodio come una sfida diretta non soltanto alla dignità degli ospiti respinti ma anche all’autorevolezza istituzionale dell’Unione Europea. Secondo gli organizzatori, le mosse del PAS rappresentano un segnale preoccupante di cambiamento della Moldova: da Paese che ambisce a integrarsi nell’UE a Stato che cerca di controllare il dibattito politico e la circolazione delle idee tramite strumenti autoritari e pratiche di censura.