Due bambine seviziate, stuprate e uccise. E tre uomini condannati all’ergastolo probabilmente da innocenti. È questa la storia che arriva dal 1983, dalla periferia di Napoli. Barbara Sellini e Nunzia Munizzi erano due bambine di 7 e 10 anni, quando la sera del 2 luglio di 42 anni fa sparirono nel nulla dal rione Incis, nel quartiere Ponticelli. I due cadaveri semicarbonizzati furono ritrovati la mattina dopo, a pochi chilometri di distanza. Per questo orribile delitto furono condannati all’ergastolo tre ragazzi: Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo. I tre giovani hanno sempre sostenuto di essere innocenti, ma solo dopo 27 anni hanno potuto lasciare il carcere per buona condotta, dopo aver scontato la pena. Da allora hanno ripreso la loro battaglia per ottenere il riconoscimento di vittime di un clamoroso errore giudiziario. Del caso si è occupato il programma "Trovati morti", in onda sul canale 122 Fatti di Nera. Dall’autopsia sui due corpicini emerse tutto l’orrore e il sadismo di chi aveva rapito e torturato le due bambine, infliggendo loro numerose ferite con un’arma da taglio (19 coltellate a Nunzia, almeno 13 a Barbara), aveva violentato Nunzia Munizzi e poi ucciso entrambe dopo averle colpite alla testa, prima di decidere di dare fuoco alle salme. Solo a mezzogiorno del 3 luglio 1983, dopo una segnalazione anonima, i corpi delle due vittime furono ritrovati a ridosso di un cantiere, nel greto del torrente Pollena in secca, nella periferia di Cercola, oggi Via al Chiaro di Luna.
Durante i funerali delle povere bambine, tra bare bianche, fiori e ovviamente una grande partecipazione e commozione, apparvero anche dei manifesti con la richiesta di pena di morte per i responsabili di questo orrore.
Incrociando testimonianze e racconti, le indagini di polizia e carabinieri proseguirono parallelamente, senza mai intrecciarsi, creando il possibile blackout che potrebbe aver portato alla condanna di tre innocenti. La polizia riuscì a fermare il proprietario di una Fiat 500 blu con un fanalino rotto e un cartello “vendesi”, che era stato indicato da Antonella Mastrillo, una testimone, come l’uomo che aveva fatto salire in auto le due bambine davanti alla pizzeria “La Siesta”, al confine tra Volla e Ponticelli, verso le 19:30. Quell’uomo – Corrado Enrico, detto Maciste – si faceva chiamare Luigino, era un ambulante semianalfabeta e consegnava santini in cambio di offerte. Silvana Sasso, un’altra bambina che avrebbe dovuto partecipare a quel giro in auto ma fu bloccata dalla nonna, aveva descritto con precisione quella persona fornendo un identikit che sembrava ricondurre a lui, dicendo che lo chiamavano “Gino Tarzan con le lentiggini”. Alla polizia, durante l’interrogatorio, Corrado Enrico aveva anche svelato dettagli – come il ritrovamento dei cadaveri – che nessuno conosceva. Inoltre, contro di lui c’erano segnalazioni di tentativi di molestie ad altre minori e ad una donna, ma anche la sua stessa conferma: era stato quella sera nel rione Incis con la sua Fiat 500 e conosceva le due bambine. Tuttavia, a pesare sulle accuse nei confronti dei tre ragazzi del quartiere furono i racconti del pentito di camorra Mario Incarnato, che ai carabinieri fornì dettagli precisi che portarono a incastrare i tre incensurati, facendo subito accantonare l’ipotesi dell’ambulante per puntare sui “mostri di Ponticelli”.
“Non torna nulla in questa storia – ha detto Luisa D’Aniello, psicologa forense e criminologa – io sono certa che queste tre persone sono innocenti. Da quelli che sono gli elementi valutati dall’accusa, non è possibile prendere in considerazione assolutamente nulla. Partendo dalla perizia medico-legale che aveva stabilito che una sola arma aveva inferto quelle ferite. E il super testimone è lo stesso pentito che accusò falsamente, insieme ad altri due, Enzo Tortora. Il giudice Ferdinando Imposimato, nel 2013 avvocato, presentò la terza istanza di revisione, inizialmente accolta, ma che non ha avuto esito. Invece, Corrado Enrico aveva un profilo che poteva essere avvicinato a questa terribile storia. Aveva già tentato di violentare una ragazzina e una signora, si appostava e utilizzava condotte sessualmente violente verso bambine e donne. Ammise pure che era al rione Incis e disse alla polizia che non riusciva a frenare gli impulsi quando si ubriacava. La cosa assurda è che gli fu subito restituita l’auto e lui la demolì, nonostante l’avesse promessa in vendita al cognato. Disse che era tornato a casa alle 19, ma la moglie lo smentì dicendo che era tornato più tardi. C’erano tanti elementi contro di lui, ma le indagini furono assolutamente superficiali. E alla fine si è fatto di tutto per incastrare i tre ragazzi e furono costruiti ad arte gli elementi contro di loro. Pur di incastrarli, addirittura i giudici in appello nella sentenza dipinsero le due bambine come interessate sessualmente a ragazzi più grandi. Invece erano bambine che venivano da famiglie perbene: Sellini era un pompiere in congedo medico perché malato e Munizzi un impiegato civile della Marina Militare. Le bambine erano estremamente curate e accudite. Il rione Incis era formato da palazzine destinate a impiegati dello Stato, non era degradato, soltanto dopo è stato abitato diversamente. Dico che tutto fu costruito ad arte, perché la bambina non riconobbe mai Luigi Schiavo, ma nell’ultimo verbale disse di averlo riconosciuto dalla foto sui giornali. Parliamo di tre uomini vittime della giustizia e della camorra. In carcere, i referenti dei clan hanno confermato di sapere che erano innocenti e che potevano essere liberi di muoversi perché a loro non sarebbe successo nulla”.
“Stiamo lavorando a una nuova istanza di revisione – ha confermato l’avvocato Mari Vazzana, referente di Progetto Innocenti – perché in questa vicenda le vittime sono cinque: le due bambine e i tre ragazzi ingiustamente condannati. È chiaro, ad esempio, che tre uomini di stazza media non riescono a entrare in un’auto così piccola. Forse il vero mostro di Ponticelli è ancora libero”. La vicenda del massacro di Ponticelli è certamente una ferita ancora aperta nella storia della giustizia italiana.
La puntata dedicata ai delitti di Ponticelli è disponibile su Cusanomediaplay.it.