
"I figli non sono dello Stato, non sono di un’ideologia, sono delle mamme e dei papà e uno Stato che pretenda di sostituirsi ha dimenticato i suoi limiti». Con queste parole, pronunciate domenica ad Atreju, la premier Giorgia Meloni ha «rivendicato con orgoglio» l’approvazione alla Camera del disegno di legge sul consenso informato dei genitori per i progetti scolastici di educazione sessuale, approvato lo scorso 3 dicembre, e allo stesso tempo ha criticato duramente il provvedimento giudiziale che ha portato alla spaccatura della cosiddetta “Famiglia nel bosco”, con l’allontanamento dei figli deciso dal Tribunale per i Minorenni dell’Aquila. Due vicende diverse, ma unite da un evidente filo rosso: la libertà educativa delle famiglie e il ruolo insostituibile dei genitori nella crescita dei figli. Su entrambi i fronti Pro Vita & Famiglia è oggi una delle realtà più attive e in prima linea, impegnata a difendere il diritto dei minori a crescere nella propria famiglia e a contrastare ogni forma di espropriazione ideologica della responsabilità educativa. Abbiamo chiesto un commento a Jacopo Coghe, portavoce della onlus."
Perché definite il Ddl Valditara una legge di libertà?
"Perché restituisce ai genitori un diritto fondamentale: essere informati sui progetti, sui dettagli, sugli “esperti” e sui materiali didattici di qualsiasi iniziativa inerente l’educazione sessuale e affettiva e poter decidere se far partecipare o meno i propri figli. In più perché introduce il divieto assoluto di trattare tali argomenti nelle scuole dell’infanzia ed elementari. È quindi una norma liberale e democratica che impedisce l’ingresso incontrollato nelle scuole di soggetti esterni e progetti ideologici, rimettendo la famiglia al centro del percorso educativo."
Cosa rispondete a chi parla di censura o oscurantismo?
"Gli unici che si agitano sono le associazioni e i presunti esperti che temono il consenso informato perché sanno che i genitori si rifiuteranno di far partecipare i figli ai loro cosiddetti progetti di educazione sessuale incentrati su identità di genere fluida, cambio di sesso, omogenitorialità, utero in affitto e promozione dell’aborto come “salute riproduttiva”."
Perché Pro Vita & Famiglia parla di una vittoria storica?
"Perché sono più di dieci anni che Pro Vita & Famiglia si batte per introdurre nell’ordinamento il consenso informato preventivo dei genitori, soprattutto con la campagna “Mio Figlio No – Scuole libere dal gender”, che ha raccolto più di 50.000 firme e con cui abbiamo sensibilizzato l’Italia con affissioni, convegni e campagne social. Abbiamo anche commissionato un sondaggio all’Istituto Noto, secondo cui l’83% degli italiani è a favore della libertà educativa della famiglia."
Cosa deve accadere ora dopo l’approvazione alla Camera?
"Auspichiamo una celere approvazione definitiva al Senato. Il consenso informato è però solo il primo passo: il nostro obiettivo resta il divieto di introdurre qualsiasi forma di indottrinamento ideologico o politico nelle scuole di ogni ordine e grado, a cominciare dall’ideologia transgender e dall’Agenda Lgbt. Per questo il nostro impegno continuerà con monitoraggio e denunce nei prossimi anni."
A proposito di figli e del ruolo dello Stato, un caso che riguarda proprio la libertà educativa è quello della cosiddetta “Famiglia nel bosco”. Perché definite l’allontanamento dei figli ai coniugi Trevallion un fatto gravissimo?
"Perché non esistono abusi o maltrattamenti accertati che giustifichino il grave dramma inflitto ai bambini. Qui lo Stato non sta intervenendo per proteggere dei minori in pericolo, ma per colpire uno stile di vita giudicato “non conforme”, al di là della condivisibilità o meno. È una lesione gravissima del primato educativo dei genitori e del diritto dei bambini a crescere con la propria famiglia. I figli non sono proprietà dello Stato né dei servizi sociali."
A proposito di servizi sociali, ritenete che questa vicenda sia il paradigma di un “sistema”?
"Assolutamente sì. Questa e molte altre vicende di famiglie spaccate con estrema superficialità dimostrano che giudici minorili e servizi sociali hanno bisogno di rientrare nei ranghi di criteri molto più stringenti. Separare i figli dai loro genitori crea un trauma così profondo che può essere giustificato solo dall’esigenza di evitare il rischio di un danno ancora peggiore. Chiaramente non è il caso della “Famiglia nel bosco”."
Cosa chiedete concretamente al Ministro Nordio?
"Abbiamo consegnato al Ministro 50.000 firme per chiedere che venga fatta piena luce sul caso e che i bambini tornino immediatamente a casa. Serve un intervento chiaro per fermare gli allontanamenti ingiustificati e ristabilire un equilibrio tra Stato e famiglia. Serve una riforma urgente dei servizi sociali se consideriamo il fatto che ad oggi non esiste nemmeno un elenco centralizzato dei minori separati dai loro genitori e affidati a terzi o a case famiglia."




