Dalla parte dell'imputato

Giuliano Spazzali: "Fatelo, almeno una volta nella vita". L'avvocato anti Di Pietro a valanga: come smaschera pm e giudici

Nel 1993 Giuliano Spazzali, difese l'imputato Sergio Cusani, l'enfant prodige della finanza italiana, accusato e condannato a 5 anni e 5 mesi di essere stato l'architrave della maxi tangente Enimont, 150 miliardi ("la madre di tutte le tangenti") distribuiti per permettere la fusione tra Eni e Montedison. Con quel processo, l'avvocato Spazzali si guadagnò il titolo di "eroe anti-Di Pietro". Ora in una intervista a La Stampa, Spazzali ricorda che allora "non c'era un pm ma una rock star, Di Pietro. E io ho fatto semplicemente il mio mestiere: difendere un imputato".

 

 

All'epoca mentre tutti elogiavano il pool di Mani pulite lui li prendeva in giro "perché volevo un processo. Non volevo che vi fosse una sostituzione del potere giudiziario con quello esecutivo, poteri che invece avrebbero dovuto essere indipendenti". Cusani fu poi condannato per non aver voluto raccontare alcuni risvolti di quella tangente. Ma non si trattava di "omertà". Osserva Spazzali che a Cusani "sarebbe bastato dire: 'Ho pagato per conto di Gardini e ciao'. Invece scelse una strada di dignitosa lealtà. Era fedele a un mandato che non era quello di ritenere la magistratura inquirente un padre cui confessare tutto ma di essere un funzionario fedele di un organismo economico e produttivo molto importante, vitale per il paese. Lui non difendeva se stesso ma quell'organismo perché era una persona leale. E questo non venne capito".

 

 

E questo perché "i magistrati confondono l'omertà con la dea Fides e in questo sbagliano: la fedeltà è l'esatto contrario dell'omertà". Quindi il suo consiglio ai magistrati di oggi: "Provate a fare gli imputati per una volta nella vita".