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Giulia Bongiorno, violenze sessuali: "Anche i 14enni siano imputabili"

Hoara Borselli
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«Anche la migliore delle leggi è inefficace se non applicata. Rafforzeremo il Codice Rosso: è inaccettabile che la donna che denuncia non riceva aiuto tempestivamente». Nel luglio del 2019 il presidente della Repubblica Sergio Mattarella firmò la legge proposta dall’allora ministro della Pubblica Amministrazione, avvocato e senatrice della Lega Giulia Bongiorno, da sempre al fianco delle donne e della loro difesa dalle violenze. Femminicidi, stupri, come arginare questa piaga devastante? Ne abbiamo parlato con lei.

 

 

 

Le cronache ci restituiscono notizie sconfortanti. Non passa giorno che non si parli di stupri da parte di giovanissimi ai danni di donne. Problema culturale? Deriva generazionale? Cosa sta succedendo? 
«I casi di violenza sulle donne che in questi giorni riempiono le cronache rappresentano la punta di un iceberg: in tantissime, per i motivi più diversi, scelgono di non denunciare. Non si deve pensare che il fenomeno riguardi solo i casi seguiti dai media, il problema è drammaticamente più ampio. La violenza sulle donne, comunque, c’è sempre stata ed è trasversale; investe tutte le classi sociali e tutte le fasce d’età. Per combatterla bisogna comprenderla, e innanzitutto distinguerla dalla violenza comune individuandone la specificità: affonda le radici nella discriminazione, in una concezione della donna come essere inferiore, oggetto, preda; ci sono uomini per i quali il consenso della donna è una questione del tutto irrilevante, anzi inesistente. La violenza sulle donne riguarda anche i più giovani, che a volte sembrano presumere una specie di “diritto all’amplesso”. Credo che in questo siano influenzati dall’uso di internet e dei social network».

Sotto accusa ci sono i social, dove la violenza sembra un elemento di forte attrattività. Si parla anche di vietare la facile fruizione della pornografia ai minori. Lei come si pone rispetto a questo? 
«Sono particolarmente attenta alle criticità create dai sociale da internet, anche perché ho un figlio dodicenne. Non voglio demonizzare la rete, ma, prima ancora di arrivare alla pornografia, è un dato di fatto che giochi violenti e sfide anche mortali sono all’ordine del giorno, e tutto succede a una velocità impressionante. Questo genera inevitabilmente aggressività. Di certo, poi, la pornografia rappresenta un problema enorme: dà un’idea del sesso distorta, pericolosissima, sotto molteplici punti di vista, per i più giovani; genera ansia, insicurezza e un’idea del corpo femminile come carne sulla quale sfogare gli istinti più bestiali, magari facendo passare più o meno subliminalmente il concetto che la violenza può persino essere ben accetta. Ho combattuto tante battaglie nella mia vita e quella contro l’abuso del cellulare che sto conducendo con mio figlio è una delle più ardue: lo so che mi odia quando gli ritiro il cellulare, e mi odiano anche gli amici che sono con lui, dato che – se sono affidati a me – il cellulare lo ritiro pure a loro, ma va bene così. A volte noto che alcuni genitori, invece, hanno deposto le armi. Rassegnarsi sarebbe un errore gravissimo! I più giovani spesso riescono agevolmente ad aggirare i divieti di accesso ai siti previsti per i maggiorenni: questi divieti devono diventare effettivi. Ovvio, comunque, che ai genitori spetta il compito di vigilare. E' ancora una volta un problema culturale, che tuttavia chiama in causa precisi obblighi che, se disattesi, potrebbero convertirsi in responsabilità omissive genitoriali».

 

 


 

Si è tornati a parlare di educazione sessuale nelle scuole. Lei cosa pensa? 
«Sono assolutamente favorevole all’educazione sessuale e all’educazione alla prevenzione. E sono favorevole anche a quello che io chiamo “diritto penale preventivo”: parlare in modo chiaro ai ragazzi delle conseguenze delle loro condotte. Naturalmente, bisogna innanzitutto – fin da quando sono molto piccoli – educarli al rispetto e all’idea che uomini e donne sono diversi ma uguali quando si parla di capacità, diritti e doveri. So che il ministro Valditara si sta impegnando in tal senso».

La Lega si sta battendo per la castrazione chimica. Pensa che veramente possa essere una valida risposta alla piaga degli stupri? 
«La risposta alla violenza sulle donne impone di agire su diversi piani. Come dicevo, prima di tutto si dovrebbe combattere la discriminazione di genere, che non è una novità dei nostri tempi: esisteva persino lo ius corrigendi, il diritto di correggere la donna con le percosse. In questo senso, ogni donna che emerge nel mondo del lavoro o in politica, o in qualsiasi altro campo, rappresenta un passo avanti per tutte. Inoltre, è necessario che lo Stato presti rapidamente aiuto a chi denuncia; invece spesso ci sono ritardi. Infine, servono sanzioni, quelle sanzioni che in Italia vengono spesso “svuotate” da istituti premiali e benefici.
In merito alla castrazione chimica, potrebbe essere un utile strumento».

A chi verrebbe applicato questo trattamento terapeutico? 
«Su base volontaria, a coloro i quali, già recidivi, dichiarano di essere incapaci di tenere a freno i propri istinti sessuali. Esiste sul tema un disegno di legge della Lega a prima firma Mara Bizzotto».

La piaga dei femminicidi non si è arginata. Il Codice Rosso non ha dato i risultati sperati. Problema di applicazione della legge o c’è ancora troppa reticenza nelle donne a denunciare violenze? 
«Il Codice Rosso è stato pensato come un’ambulanza che corre a sirene spiegate in soccorso di chi denuncia, ma se poi anziché mandare l’ambulanza si manda una carrozza a cavalli... intanto la vittima viene massacrata. Anche la migliore delle leggi è inefficace, se non applicata. Rafforzeremo il Codice Rosso, perché è inaccettabile che la donna che denuncia non riceva aiuto tempestivamente».

 

 


 

 

Lei ha dichiarato che le donne vengono tradite due volte: dall’uomo che le uccide e dallo Stato che le ignora. Non c’è stato nel dibattito politico sufficiente attenzione alla difesa della donna? 
«Una donna che denuncia si affida allo Stato e lo Stato deve aiutarla subito. Certamente servono più magistrati e più formazione, il disegno di legge dei ministri Roccella-Piantedosi-Nordio si occupa anche di questo profilo. Ripeto: aiutare le donne che denunciano dev’essere una priorità assoluta. Il Parlamento, comunque, ha già fatto una serie di leggi sul tema. Quando ero presidente della Commissione Giustizia della Camera, ho insistito perché fosse data priorità all’introduzione del reato di stalking; quando ero ministro della Pubblica Amministrazione, ho promosso l’introduzione del Codice Rosso, che adesso stiamo cercando di rendere più efficace prevedendo che il Procuratore Capo vigili sul rispetto dei termini entro cui la donna che ha presentato denuncia debba essere ascoltata dal pubblico ministero. Premesso che le leggi, una volta fatte, devono essere applicate, altrimenti è tutto inutile, anche sul piano legislativo possiamo certamente fare di più».

Ad esempio? 
«Chi frequentale aule giudiziarie sa che spesso la vittima di violenza è chiamata a provare che il suo dissenso al rapporto sessuale era esplicito: deve cioè dimostrare di essere stata costretta. i$ come se ci fosse una sorta di “presunzione di consenso” al rapporto sessuale. Una vera svolta sarebbe presumere, invece, il dissenso. So bene che è un’affermazione forte, ma è stata condivisa anche di recente dalla Cassazione, secondo la quale il dissenso al rapporto sessuale è presunto salvo prova contraria».

C’è una parte politica che spinge per la legalizzazione delle droghe. Spesso queste sono protagoniste quando si raccontano le violenze. Non demonizzare alcol e droghe non ostacola quel lavoro culturale auspicato per i nostri giovani? 
«Sono fermamente contraria a ogni ipotesi di legalizzazione di sostanze stupefacenti, anche leggere, ammesso che davvero esista un livello accettabile di leggerezza, cosa di cui la scienza medica dubita. i$ infatti acclarato che il percorso della tossicodipendenza è graduale e conduce alla deriva. Inoltre, il divieto conserva una funzione deterrente, oltre che pedagogica: come si può impedire a un figlio l’uso di sostanze che l’ordinamento non solo tollera, ma addirittura riconosce e promuove a fini commerciali? In questa direzione, dev’essere salutato con favore il recente provvedimento del ministro della Salute, che entrerà in vigore il 22 settembre: si revoca un precedente decreto del 2020 e vengono nuovamente qualificati come sostanze stupefacenti i prodotti per uso orale a base di cannabidiolo (CDB), un olio estratto della canapa indiana, sul presupposto che solo un rigido controllo medico ne fa emergere un potenziale terapeutico, da escludere in caso di utilizzo non controllato (“fai-da-te”)».

Spesso chi si macchia di reati come gli stupri sono minorenni. Le pene non sono particolarmente severe sotto la maggiore età. Un cambio su questo fronte potrebbe servire come deterrente? 
«La Lega sta lavorando a una serie di proposte sulla violenza dei minori. Tra queste, voglio ricordare quella del Daspo per i minori di 14 anni. Oggi i ragazzi crescono molto in fretta e attraverso la rete e i social acquisiscono in giovanissima età nozioni che un tempo si acquisivano dopo. Il tema è complesso e dovremmo anche pensare alla possibilità di abbassare la soglia di imputabilità, che oggi è fissata a 14 anni». 

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