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I processi mediatici ledono gli interessi di noi cittadini

Bruno Ferraro
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I diritti in gioco relativi al trattamento mediatico (giornali e programmi televisivi) sono tutti di rilevanza costituzionale. Da una parte il diritto della collettività di essere informata e di esercitare un libero democratico controllo sul funzionamento della giustizia (artt. 21 e 101 della Costituzione).

Dall’altro il diritto alla riservatezza e alla presunzione di innocenza (artt.2, 3 e 27 della Carta) delle persone coinvolte: diritti continuamente violati con le fughe di notizie, la diffusione delle immagini di persone arrestate o tradotte in carcere, l’organizzazione di “processi paralleli” mediatici quasi sempre ad orientamento colpevolista, il travisamento della fase delle indagini preliminari innanzi al Gip in cui non si discute della colpevolezza dell’indagato ma solo dell’opportunità di un rinvio a giudizio in cui pm e difensori potranno far valere gli elementi di prova in loro possesso contribuendo da angoli contrapposti alla ricerca della verità processuale. La situazione che si è venuta a creare è non più tollerabile. I principi sono chiari.

Le norme costituzionali esigono un bilanciamento dei due ricordati diritti. La Corte di Cassazione, con la famosa sentenza n. 5259 del 1984, individuò tre criteri per il legittimo esercizio del diritto di cronaca: la verità dell’informazione, la continenza della forma espositiva, la pertinenza con l’interesse pubblico. L’Europa per parte sua ha emanato due direttive nel 2016 in tema di presunzione di innocenza a cui il nostro Paese ha dovuto adeguarsi con un’apposita legge (D.Lgv. 8-11-2021 n.188) già oggetto di analisi a livello dottrinale. Il CSM ha adottato linee guida condivisibili in via di principio ma quasi del tutto disapplicate nella pratica. Lo stesso dicasi per l’Ordine dei giornalisti, che pure si è dotato di un codice deontologico che prevede una serie di fattispecie, raccomandazioni e comportamenti sanzionabili.

Tuttavia sul piano pratico abusi, eccessi e comportamenti debordanti continuano e sono sotto gli occhi di tutti. Gli organismi deputati ai controlli sono teneri ed indulgenti, anche per il prevalere al loro interno di dinamiche corporativiste. Si va alla ricerca di correttivi ed innovazioni come un aggravamento delle sanzioni, l’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici, la pubblicizzazione delle condanne e delle sanzioni irrogate, il risarcimento del danno a prescindere dalla sentenza finale. Misure sicuramente utili se però si elimina o riduce il divario tra norme e prassi che al momento è rilevante, con un evidente stravolgimento della presunzione di innocenza o di non colpevolezza previsto nella Costituzione, ma oggetto di continue ed inaccettabili violazioni. Bene ha fatto perciò il ministro della Giustizia Carlo Nordio ad inviare ispettori in 13 Procure per ribadire la propria contrarietà alla “spettacolarizzazione mediatica che tanti mali ha fatto alla stessa percezione che i cittadini hanno della giustizia” e “la necessità di rivedere completamente la disciplina degli atti istruttori con particolare attenzione alle intercettazioni” : punti che sono stati di poi normativamente stabiliti con legge del nostro Parlamento.

di Bruno Ferraro
Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione

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