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Giovanni Toti libero ma detenuto per sempre

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Nelle guerre - fredde, calde o roventi che siano, secondo le circostanze e i gusti di chi le cataloga c’è ancora la possibilità che le parti si scambino i prigionieri, come abbiamo appena visto con un certo sollievo.

In quella che non possiamo chiamare guerra fra la magistratura e la politica italiana senza rischiare chissà quale cervellotica denuncia, ma possiamo definire tranquillamente un grave squilibrio fra l’una e l’altra, avendolo denunciato a suo tempo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano scrivendone alla vedova di Bettino Craxi a proposito degli effetti delle famose “Mani pulite” del 1992 e degli anni successivi, non c’è possibilità di sperare neppure in una tregua.

Giovanni Toti, che ha appena potuto uscire dagli arresti domiciliari di una novantina di giorni grazie al fatto di essersi dimesso in modo “irrevocabile” dal mandato di presidente della sua regione conferitogli direttamente dagli elettori, ha potuto scoprire ieri leggendo i giornali, anche alcuni ai quali aveva concesso interviste, che la sua è una libertà relativa. Non più provvisoria, per carità. Come una volta il codice aveva la faccia tosta di chiamarla quando veniva concessa in attesa del processo, e come mi capitò di provarla personalmente nel 1985, accusato di violazione del segreto di Stato prima di essere prosciolto; non più provvisoria, ripeto, ma pur sempre relativa.
E' bastato infatti che Toti si lamentasse della vicenda giudiziaria che lo ha costretto - ripeto - a dimettersi irrevocabilmente perché qualcuno scrivesse e titolasse contro di lui perché - letteralmente «spara sulle Procure» (...)

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