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Giovanni Toti, "è finito lo spazio in archivio per le intercettazioni". Procura in tilt

Pietro Senaldi
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L’ex presidente della Liguria Giovanni Toti è stato spiato nel suo ufficio in Regione e intercettato così tanto e talmente a lungo da mandare in tilt il sistema informatico della Procura di Genova. La richiesta degli avvocati di poter ascoltare le intercettazioni scartate dalla Procura, che ha rubricato solo quelle utilizzabili a fini accusatori, nella speranza di incappare in conversazioni degli imputati che portino elementi forti alla difesa, e di avere copia delle videoregistrazioni degli interrogatori, per valutare i toni e il linguaggio del corpo, hanno disvelato la realtà ed evidenziato una situazione di totale disparità tra i pm e i legali. Toti, Aldo e Roberto Spinelli, Paolo Emilio Signorini sono stati seguiti ventiquattr’ore al giorno per oltre tre anni.

Ci sono milioni di ore di materiale che gli avvocati non avranno mai il tempo di consultare, specie considerando che la procura ha optato per il giudizio direttissimo, che inizierà il 5 novembre. Il sistema funziona così. I pm, attraverso la Finanza, entrano nelle vite degli indagati, a loro insaputa. I finanzieri selezionano il materiale che ritengono interessante e lo forniscono alla magistratura inquirente, nei confronti della quale molti vivono una condizione di sudditanza psicologica, anche perché la toga dispone e la divisa esegue. Quello che non viene scelto dai pm per incriminare i cittadini intercettati è ammassato in un archivio senza essere ordinato, né cronologicamente né per materia né per soggetto spiato.

 

 

 

In questo disordinato e immenso oceano di video e telefonate, gli avvocati sono costretti ad annaspare in pochissimo tempo, nella speranza di trovare l’ago nel pagliaio che consenta loro di cucire una difesa efficace. Un evidente sfregio ai diritti degli accusati. Grazie, anzi per colpa, della riforma Orlando, che porta il nome dell’attuale candidato in pectore del campo largo alla presidenza della Liguria in quanto da lui ordita quando era ministro della Giustizia, è stata infatti eliminata, con la scusa di tutelare la privacy degli indagati (ma da chi, di grazia, dai loro avvocati?; ndr), la versione cartacea di questo materiale, che può essere consultato dalle difese solo telematicamente. I legali devono recarsi in Procura dove, previa autorizzazione, in apposite cabine e senza possibilità di portare con sé telefonini e altro materiale tecnico che consenta registrazioni di sorta, hanno cinque giorni di tempo per passare in rassegna i cd che la Procura passa loro, senza alcuna logica temporale, processuale, di sistema. Se non fanno a tempo, devono ripresentare domanda; altrimenti, viene permesso loro di consultare altro materiale a casaccio.

A Genova è successo che l’indagine su Toti sia stata talmente imponente a livello di forze messe in campo dalla magistratura da arrivare a esaurire lo spazio informatico dell’archivio della Procura dove le società private che hanno in appalto i servizi di memorizzazione riversano audio e video. Per intendersi, si è scoperto che il cervellone ha una disponibilità residua di cinque treabyte mentre il solo materiale video registrato nell’ufficio dell’ex governatore ne occuperebbe venti. Conseguentemente, il materiale che gli avvocati hanno chiesto di visionare non può essere caricato sul sistema dei pm genovesi, che per garantire il diritto delle difese sono stati costretti a collegare le postazioni in Procura direttamente al database della società privata incaricata delle registrazioni. La cosa non è banale e non è neppure indicativa soltanto dell’imponenza dell’aggressione a Toti e al cosiddetto sistema Liguria ma configura anche una violazione, o comunque un mancato rispetto delle norme a cui la giustizia è stata costretta a ricorrere.

 

 

 

La legge infatti stabilisce che il materiale video e telefonico intercettato possa essere consultabile solo attraverso il filtro della Procura, e non direttamente dall’operatore privato che l’ha raccolto. Viene anche da chiedersi, visto che intercettare costa denaro dei contribuenti e che anche il tempo dei finanzieri è a carico dello Stato, che senso abbia intercettare ventiquattr’ore su ventiquattro un indagato e se non sia possibile procedere in maniera più mirata. Di sicuro, si può dire che più materiale viene accumulato, stante la difficoltà dei legali di consultarlo, più sarà indebolito il diritto alla difesa dell’imputato e la bilancia della giustizia penderà a favore dell’accusa.

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