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Ponte sullo Stretto, ecco la verità sullo stop: la testimonianza che inchioda la Corte

di Fausto Cariotisabato 1 novembre 2025
Ponte sullo Stretto, ecco la verità sullo stop: la testimonianza che inchioda la Corte

4' di lettura

Come hanno lavorato i magistrati della Corte dei Conti che il 29 ottobre hanno negato il visto di legittimità al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina? Volevano capire come stessero le cose, senza pregiudizi? Oppure avevano la bocciatura già confezionata e hanno condotto la loro indagine con l’intento di procurarsi le giustificazioni necessarie? All’indomani, la Corte ha sostenuto che la Sezione di controllo di legittimità si è espressa «su profili strettamente giuridici» e «senza alcun tipo di valutazione sull’opportunità e sul merito dell’opera». 

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Parlando con chi ha partecipato alle audizioni che hanno preceduto il verdetto, però, emerge una storia molto diversa. Libero ha contattato alcuni rappresentanti della pubblica amministrazione chiamati a rispondere alle domande dei magistrati contabili nell’adunanza del 29 ottobre, al termine della quale si è riunita la camera di consiglio che si è rifiutata di apporre il visto. Hanno accettato di parlare con la garanzia della riservatezza dovuta alle fonti, i loro racconti sono coerenti e dipingono un procedimento sotto molti aspetti irrituale.

SCONTRO SUL DIGITALE
A partire da certe «anomalie organizzative», come le definisce uno di loro. La registrazione di quella seduta a porte chiuse e la sua trasmissione in streaming non erano state comunicate in apertura della riunione, ma solo quando questa era iniziata da tempo e si era già svolta per metà. E la società Stretto di Messina, incaricata di progettare, realizzare e gestire l’opera, non era stata ammessa a partecipare.

Quando poi è iniziato il “contraddittorio”, da parte dei magistrati sono fioccati scetticismo e ostilità difficili da conciliare con la rappresentazione di un’istituzione imparziale. «Abbiamo ascoltato critiche alla legittimità delle scelte operate dal legislatore e constatazioni personali non sempre argomentate con linguaggio tecnico», riassume una fonte. Durante il confronto il magistrato relatore, Carmela Mirabella, ha insistito sul fatto che la documentazione progettuale da esaminare fosse stata inviata alla Corte mediante un link a una cartella informatica.

È una pratica normale, e infatti i responsabili del ministero hanno fatto presente che quel procedimento rispetta le norme del Codice dell’amministrazione digitale. Queste impongono l’uso di documenti protocollati e sottoposti a firma digitale, e di una casella di posta elettronica certificata: procedura che rende impossibile alterare in seguito quei documenti. Senza convincere il magistrato, che ha continuato a dubitare della correttezza di quell’invio e ha chiesto che un esperto certificasse che il progetto trasmesso alla Corte fosse davvero quello approvato a suo tempo.

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Lo stesso magistrato ha poi ribadito ciò che aveva scritto nell’ordinanza di deferimento, ossia che quella modalità d’invio aveva richiesto alla Corte «un’attività di selezione degli atti, e della documentazione di interesse, particolarmente onerosa visti i tempi ridotti». Il ministero ha replicato che la Corte non doveva fare alcuna selezione, perché a ciò ha già provveduto la legge: gli atti varati dal Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo, sono sottoposti al controllo di legittimità della Corte, il resto è documentazione a corredo.

Il relatore si è poi mostrato perplesso sulla scelta del ponte a campata unica, chiedendo perché non fosse stato preso in considerazione il documento che ipotizzava una struttura diversa. È stato risposto che quel documento era stato valutato e che il ponte a campata unica è stato approvato dal parlamento nel 2023. Quindi la toga ha messo in dubbio che ci sia stata una reale interlocuzione con l’Unione europea, visto che alcune note trasmesse al riguardo dal ministero delle Infrastrutture non hanno firma, data e protocollo. Le è stato spiegato che il confronto con gli uffici di Bruxelles avviene normalmente in quel modo informale, attraverso incontri privi di verbale e scambi di mail e di note non protocollate. Allora ha domandato perché mancasse una valutazione dell’impatto sugli habitat naturali che ospitano specie di interesse comunitario: la valutazione c’è e il ministero delle Infrastrutture ha fornito gli estremi. Idem per la verifica tecnica sui documenti sottoposti al consiglio dei ministri per l’attestazione dei «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico»: esiste pure quella.

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Un altro magistrato ha contestato il decreto 35 del 2023 (“Disposizioni urgenti per la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria”). «La discussione è sembrata impostata per contestare radicalmente la natura speciale delle disposizioni di quel decreto», riferisce uno dei presenti. «Ma si tratta di valutazioni di merito fuori dal perimetro del controllo di legittimità che spetta alla Corte».

Il magistrato istruttore, Valeria Franchi, ha chiesto perché, sugli incassi dei pedaggi sul Ponte, non fosse stato stimato l’impatto della direttiva “Eurovignette”. Questa, non ancora recepita dall’Italia, stabilisce le regole Ue per le tariffe sulla rete autostradale. Risposta dei tecnici del ministero: la disciplina di quella direttiva non si applicherà al Ponte, dunque non avrà alcun effetto sui suoi pedaggi.

Non è mancato un po’ di populismo togato. Un magistrato della Sezione di controllo, in quella che più che una domanda sembrava un’arringa, ha deplorato che il pubblico debba pagare la manutenzione di un’opera «mastodontica» come il Ponte, i cui costi non sono realmente prevedibili e ricadranno sui «nostri figli». Il dipartimento perla Programmazione economica ha risposto citando gli esempi dei tre ponti simili costruiti in Danimarca, Turchia e Giappone: i dati raccolti lì dimostrano che i costi di manutenzione dell’infrastruttura potranno essere ripagati con un pedaggio pari a un quinto dell’attuale tariffa di attraversamento dello Stretto. L’impressione di chi era stato convocato in quella sala, insomma, è che i magistrati contabili avessero preso la loro decisione sul Ponte ben prima di fare le domande e sentire le risposte.