«Ci si avvicina al referendum in un clima sempre più avvelenato, nel quale le ragioni concrete della riforma sono in secondo piano, sostituite da slogan contrapposti».
Questa vicenda della separazione delle funzioni tra giudici e pm auspicata anche da Licio Gelli che hanno tirato fuori i magistrati, per esempio... «Quando invece il capo della P2 sosteneva l’esatto opposto di quanto prevede la riforma di Nordio: lui voleva l’unità della magistratura, perché potesse essere meglio controllata dal governo, sotto il quale metteva i pm. Tant’è che era a favore di un unico Consiglio Superiore della Magistratura, da subordinare al Parlamento».
ORDINAMENTO
L’Associazione Nazionale Magistrati e l’estrema sinistra affermano che sdoppiare le carriere dei magistrati mini la loro autonomia e preluda al controllo delle Procure da parte del governo... Per il segretario dell’Unione Camere Penali però è solo fumo negli occhi. «Il nostro ordinamento giudiziario» riflette Rinaldo Romanelli «ha ancora la struttura creata e presentata a Benito Mussolini dal gerarca fascista Dino Grandi in modo che la magistratura fosse unitaria e pertanto funzionale al regime. Non sarà un caso se, Turchia a parte, in nessun’altra democrazia del mondo oggi c’è un solo organismo che, come il nostro Csm, regola giudici e pm». E allora? Forse il punto è che oggi la magistratura, a causa della debolezza e dell’arretramento della politica, è svincolata da ogni altro potere e per questo si oppone a qualsiasi cambiamento. In ogni caso, la riforma Nordio non ne minaccia l’indipendenza, tant’è che il nuovo articolo 104 della Costituzione ribadisce che «funzione giudicante e funzione requirente, ossia giudici e pm, costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere».
«La magistratura si è ritagliata negli anni un potere che la Costituzione non le riconosce. I rischi che essa correrà dopo la riforma sono gli stessi che corre oggi, cioè nulli. Anche perché ogni legge minacciosa dell’autonomia dei magistrati sarebbe subito stroncata dall’intervento della Corte Costituzionale» chiosa il segretario dell’Unione Camere Penali, che ribalta il ragionamento del fronte del No. La riforma Nordio non sarebbe un attentato alla Costituzione, ma un tentativo di tornare al suo spirito originario. Soprattutto per quanto riguarda le funzioni e i poteri del Csm. «La Carta», spiega Romanelli, «dà al Consiglio competenza su assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari dei magistrati. Lo concepisce come un organo di garanzia a tutela dell’autonomia delle toghe».
Nel tempo però, questo avrebbe esteso a dismisura il proprio raggio d’azione, invadendo il campo del governo e quello del Parlamento. «Il Csm ha svuotato le competenze del ministero della Giustizia», incalza l’avvocato, «attribuendosi compiti di amministrazione e governo degli uffici come per esempio l’informatizzazione, che spettano invece a via Arenula». Un unicum in Occidente. Basti pensare che in Francia il corrispettivo del nostro Csm ha un budget di sette milioni di euro e una sola toga distaccata in modo permanente, mentre in Italia si riunisce quattro giorni a settimana ed è composto da venti magistrati che gestiscono quaranta milioni di euro l’anno.
C’è poi questa prassi alquanto singolare e che però ormai passa per ordinaria, in base alla quale la magistratura è arrivata a erodere un po’ del potere legislativo del Parlamento. E' l’usanza del Csm di rilasciare pareri su disegni di legge o decreti che riguardano la giustizia. «L’ordinamento», incalza il Romanelli, «prevede che il Consiglio dia le sue opinioni solo su richiesta del Ministro della Giustizia, invece le toghe si sono attribuite il compito di farlo sempre, rendendo pareri anche al Parlamento malgrado la legge non lo preveda, arrivando così a condizionare la formazione delle norme».
Uno sconfinamento che infastidì molto perfino il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in base alla Costituzione capo del Csm, che in una nota chiese pubblicamente alle toghe di astenersi da questo comportamento per non pregiudicare le prerogative del Parlamento. Naturalmente non venne ascoltato. Ma sono tante le forzature operate negli anni, come l’usanza di redigere regolamenti per l’attuazione delle leggi malgrado la Costituzione preveda una specifica riserva di legge per disciplinare l’applicazione dei provvedimenti.
INTROMISSIONE
Lo snaturamento a opera delle toghe del ruolo del Csm, che una sentenza della Corte Costituzionale ha chiaramente definito «un organo di garanzia dell’autonomia dei magistrati impropriamente chiamato organo di autogoverno» è fotografato dalla teorizzazione del Consiglio come luogo dove le varie fazioni della categoria devono trovare la loro rappresentanza. «Non ha senso», riflette Romanelli «ipotizzare per il Csm un ruolo di specchio delle sensibilità politiche della magistratura. Posso capire che le toghe abbiano le loro correnti, anche se non sono dei partiti, ma esse dovrebbero essere un luogo di elaborazione culturale: se invece influiscono su chi viene eletto, diventano un soggetto politico, perché gli eletti rendono conto a chi dà loro il mandato. Il Csm secondo la Costituzione dovrebbe decidere sulle vicende dei magistrati, e invece arriva a sindacare su quelle della giustizia e delle leggi in genere. E' uno strano senso della democrazia», conclude il segretario delle Camere Penali, «quello che spinge un corpo burocratico a pretendere di esprimersi su questioni che non gli competono». ©RIPRODUZIONE RISERVATA.