Con il precedente articolo del 3 dicembre ho fornito i dati statistici di un fenomeno, quello della violenza “degenere”, che continua a produrre terribili effetti a livello di opinione pubblica e cronache giudiziarie. Il quadro normativo, tra leggi precedenti ed il pacchetto varato di recente all’unanimità dal Parlamento, può giudicarsi ormai completo. Forze dell’Ordine e Magistratura dispongono di una molteplicità di poteri con cui, opportunamente organizzate al loro interno, possono incidere efficacemente dando vigore al reato di femminicidio contemplato dal nuovo articolo 577 bis Codice Penale (pena dell’ergastolo ed obbligatorietà della custodia cautelare in carcere). Allora occorre intervenire, a livello di educazione in famiglia ed a scuola, per far lievitare una necessaria cultura di rispetto e di parità di genere.
Fondamentale il controllo sociale che può essere esercitato da qualunque cittadino allertando il 112 quando si sentono urla, piatti rotti, pianti, litigi con forte aggressività o addirittura atti di violenza. Un ruolo fondamentale può essere svolto dagli insegnanti che raccolgono gli sfoghi degli alunni o percepiscono l’esistenza di un disagio familiare. Sicuramente utile l’impegno nelle scuole di poliziotti, carabinieri, magistrati ed esponenti di organismi di volontariato. Il ruolo principale spetta ovviamente alle vittime che non devono rimanere passive di fronte agli atti di violenza ma denunciare, evitando di cadere nel trabocchetto dell’ultimo incontro sollecitato dal marito o dal compagno: è l’occasione in cui anche statisticamente si consumano le più violente tragedie dagli esiti fatali. Evitino le donne di lasciarsi frenare dalla “vergogna” di rendere pubblica la situazione dei rapporti familiari.
Purtroppo la casistica in tema di violenza sulle donne è articolata, ma gli esiti sono sempre gli stessi: intimidazione, isolamento, mortificazioni, segregazione, utilizzo strumentale dei figli, ricatto economico, atti persecutori. Abbiamo un “codice rosso” pieno di misure molto incisive ma non sufficiente senza la collaborazione delle vittime, delle famiglie, della scuola e della società tutta.
Al fine di scongiurare l’avvento di forme di giustizialismo e di condanne a priori, occorre altresì evitare il facile adagiarsi sulle prime indagini, la sommarietà delle prove, l’enfatizzazione dei primi indizi, la ricerca del mosto da sbattere in prima pagina. La cautela è d’obbligo perché le facili verità iniziali lasciano il posto alle “nebbie” dell’indagine dibattimentale, con il risultato di non difendere adeguatamente le vittime e di avere come ulteriori vittime i facili colpevoli iniziali. Da uomo di diritto auspico la massima professionalità degli inquirenti, la sobrietà dell’informazione, il massimo rigore nella ricerca e nella valutazione degli elementi probatori.
di Bruno Ferraro
Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione




