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Bertolaso e il fango di Repubblica: "Ecco cosa vi nascondono Scalfari & Co"

Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso

L'ex capo della Protezione civile: "Occultano le telefonate in cui la cricca tramava contro di me". E svela: "Ora lavoro felice in Sudan"

Giulio Bucchi
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  di Barbara Romano Guido Bertolaso pone una sola condizione a Libero per rilasciare l'intervista. La stessa dettata a Sette e al Fatto Quotidiano: «Che si parli pure del Cuamm, l'ong di medici con la quale lavoro in Africa e che merita la massima considerazione per la missione che svolge qui da oltre sessant'anni». L'ex capo della Protezione civile si trova da due mesi a Sud del Sudan, dov'è tornato al suo primo mestiere: il medico. Professione che oggi esercita principalmente per debellare la malaria, nell'ospedale materno-infantile di Yrol, dopo averlo ristrutturato e intitolato a Beniamino Andreatta («uomo politico che stimavo e a cui volevo molto bene»). Ma è nella Cambogia di Pol Pot, tra il 1980 e il 1983, che Bertolaso iniziò a indossare il camice bianco, dopo essersi specializzato in Inghilterra in malattie tropicali.  Lei ha detto che era Napolitano il suo referente, non Berlusconi. Che rapporto c'era tra lei e il capo dello Stato? «È dai tempi di Pertini, quando con il suo “fate presto” rimproverò i ritardi delle istituzioni nei soccorsi alle vittime del terremoto in Irpinia nel 1980, che la Presidenza della Repubblica dimostra, ad ogni grande catastrofe, un interesse immediato, diretto, partecipato alle vicende della Protezione civile. È accaduto anche con la tragedia dell'Aquila. Credo vi sia un feeling fisiologico tra Protezione civile e Quirinale».  Da cosa deriva? «Dal fatto che il Presidente della Repubblica rappresenta al sommo grado l'unità del Paese, il suo essere Patria di tutti. E queste dimensioni condivise del nostro essere italiani sono le risorse di base del nostro sistema di protezione civile, che organizza la mobilitazione collettiva di tutti in favore delle vittime di ogni singolo grande disastro». La procura di Firenze ha intercettato due telefonate tra lei e Napolitano. Di cosa parlaste? «Come ovvio, di terremoto. Il Presidente si rivolgeva al capo della Protezione civile per seguire le vicende fin dalle prime ore dopo l'accaduto, si informava su come andavano i soccorsi. Di telefonate ce ne furono ben più di due. Lui si confrontò con me anche per pianificare la sua visita alla popolazione delle zone terremotate. Era preoccupato di non intralciare in alcun modo l'attività di soccorso». Su quelle telefonate il Quirinale non ha chiesto il silenzio, mentre su quelle palermitane sì. Lei che spiegazione si è dato?  «Sul Quirinale, non credo ci sia spazio per grandi retroscena: semplicemente, non si chiede il silenzio a uno che sta zitto». Leggi l'intevista integrale di Barbara Romano a Bertolaso su Libero in edicola oggi, giovedì 9 agosto    

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