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Fini e le balle sulla scorta: come Gianfry non ce n'è

Giulio Bucchi
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di Franco Bechis   No, non esiste nessun'altra delle 584 personalità italiane sotto scorta per cui si prenotino per gli agenti, al seguito durante gli interi mesi estivi, alberghi nell'ipotesi che il soggetto protetto possa recarsi in quella località. Il caso scoperto da Libero su Gianfranco Fini non è raro: è unico. Lo assicura un alto dirigente del Viminale, che conosce bene le regole che sovrintendono alla tutela di quelle personalità. Non vorrebbe dire nulla sul caso dell'estate: «Parla il ministro e ora arriverà anche la relazione del capo della polizia, Antonio Manganelli, che chiarirà ogni aspetto». Ma poi - insistendo e garantendo l'ufficiosità della richiesta - si lascia sfuggire il particolare: «No, non ci risultano casi analoghi e nemmeno simili. È una rarità, non c'è dubbio». Spiega anche che per il ministero resta tutt'ora in vigore la circolare del 15 settembre 2001 firmata dall'allora ministro dell'Interno, Claudio Scajola, con cui vennero introdotte nuove regole sui servizi di scorta cercando per la prima volta di risparmiare. Quella circolare finì nell'occhio del ciclone, come si ricorderà, perché fu proprio in base a quel testo che si ritenne non fosse più necessaria la scorta a Marco Biagi quando tornava nella sua Bologna. Fu anche interpretata in modo eccessivamente restrittivo da alcuni prefetti, tanto che venne tolta o ridotta la scorta anche a qualche celebre magistrato che si era occupato di inchieste sulla criminalità organizzata. Fra le vittime dei tagli figurò anche il pm milanese Ilda Boccassini. Ma poi si chiarì l'eccesso di rigore, e fu corretta l'interpretazione restrittiva. Dopo l'assassinio di Biagi tornarono molte polemiche su quella circolare, ma il testo è restato in vigore e nessuno dei ministri e dei governi successivi ne ha modificato le regole principali. Anzi, per alcuni aspetti sono state perfino rafforzate. Ed è accaduto per mano dello stesso ministro attuale, Anna Maria Cancellieri, che appena nominata ha emanato una nuova circolare restrittiva sulle scorte (il 23 novembre 2011) e una successiva rivolta ai prefetti (il 30 dicembre).  Le norme ancora in vigore sono la prassi ordinaria per 583 persone sotto tutela. Solo una, la 584^, e cioè proprio il presidente della Camera Gianfranco Fini, pare essere fermo alle vecchie regole. Non c'è alcun bisogno di prenotare l'albergo per le vacanze per l'intera scorta (e figurarsi se è necessario farlo per 70-80 giorni) per il semplice motivo che qualsiasi personalità sotto tutela non viene seguita negli spostamenti dall'intera scorta assegnatagli. Secondo i dettami della circolare del 15 settembre 2001 la tutela viene assicurata in tutto o in parte dalla questura competente in quel territorio che prende in carico il personaggio quando arriva in zona ed effettua il servizio secondo i turni in loco.  Lo scopo dell'introduzione di questo meccanismo è assai semplice: risparmiare spese inutili da parte dello Stato. Se si muovono fuori dalla sede di assegnazione nove agenti di scorta come nel caso di Fini, lo Stato deve pagare a tutti le spese di trasferta più una indennità giornaliera di missione. Se quei nuovi uomini vengono in tutto o in parte sostituiti da agenti della zona (nel caso Fini appartenenti alla Questura di Grosseto), quella indennità giornaliera viene risparmiata. E naturalmente si risparmiano parzialmente le spese di vitto e del tutto quelle di alloggio.  Sono sette le personalità sotto scorta che dipendono dal questore che dirige l'ispettorato di polizia della Camera dei deputati: oltre a Fini ci sono due ex ministri (Roberto Maroni e Umberto Bossi), un ex sottosegretario all'Interno (Alfredo Mantovano), il presidente del Copasir (Massimo D'Alema), e due ex presidenti della Camera (Pier Ferdinando Casini e Fausto Bertinotti). I sette sono a dire il vero casuali: non c'è una vera ragione per cui sia l'ispettorato di Montecitorio ad organizzare gli spostamenti delle loro scorte. Così ha deciso il Viminale, e lo ha fatto per comodità organizzativa: ci sono numerosi altri deputati e leader politici scortati, ma non dipendono da quell'ispettorato.  Secondo quello che risulta a Libero per informazioni avute direttamente, tutti gli altri sei tutelati dall'ispettorato di Montecitorio rispettano rigorosamente per gli spostamenti i dettami di quella circolare del 2001: vengono accompagnati per la trasferta dalla loro scorta abituale, che poi li consegna ai colleghi in carico alla questura locale competente. Questa regola a dire il vero è stata rispettata in molte trasferte anche dallo stesso Fini, e da un primo esame sembra che si sia bypassata la circolare come è avvenuto ora ad Orbetello e Ansedonia, nei soli casi in cui oltre a Fini si spostava anche la sua famiglia.  Chi prende la decisione sulla organizzazione materiale della scorta in quei casi? In questi giorni si sono lette versioni diametralmente opposte: Fini ha detto che è responsabilità degli uffici del Viminale. La Cancellieri ha affermato ieri che è responsabilità autonoma del questore che guida l'ispettorato di Montecitorio. Maroni ha detto che sì, decide quel questore, ma non è il solo a prendere la decisione. Un ex presidente della Camera, Irene Pivetti, ha spiegato che lei stessa contribuiva a quella organizzazione. Dove sta la verità? Cancellieri, Maroni e Pivetti in fondo dicono la stessa cosa. E la traduciamo così per il caso in questione: ad essere coinvolti nella decisione sugli spostamenti della scorta di Fini su Orbetello-Ansedonia sono stati congiuntamente la segreteria del presidente della Camera, gli uffici amministrativi di Montecitorio che pagano quella trasferta e il questore che dirige l'ispettorato interno del palazzo. Su quella decisione non è stato coinvolto (al massimo informato dal questore) il Viminale.  Abbiamo dato prima i numeri degli scortati in Italia. Li ha ufficializzati il primo marzo scorso il sottosegretario all'Interno del governo tecnico, Carlo De Stefano. Ironia della sorte, ha dato quei numeri rispondendo a una interrogazione parlamentare scandalizzata per gli sprechi delle scorte, firmata da un finiano doc come il senatore milanese Giuseppe Valditara. Ecco i numeri: «I dispositivi di protezione in corso sono 584, per i quali sono utilizzati 2.108 operatori delle cinque forze di polizia, nonché 484 veicoli blindati e 190 non blindati. Con riferimento alla provincia di Roma, sono svolti 220 servizi di scorta, impiegati 815 operatori (402 appartenenti alla Polizia di Stato, 239 all'Arma dei carabinieri, 82 alla Guardia di Finanza e 92 alla polizia penitenziaria) e utilizzati 179 veicoli blindati e 64 non blindati».    

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