Fini: la salute prescinde
dal permesso di soggiorno
Tutti devono essere curati. Clandestini o italiani. Non è il Pd a dirlo, stavolta, ma Gianfranco Fini. È stato «giusto il dissenso» sorto sulla norma che avrebbe potuto permettere ai medici di denunciare un clandestino. Se questa norma fosse stata approvata, si sarebbe trattato di «errore giuridico e di miopia politica». Così ha detto il presidente della Camera, che questa mattina ha visitato a Roma l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti. Questa norma, per Fini, avrebbe creato rischi per la sicurezza della popolazione (si sarebbero creati «circuiti alternativi, le persone si sarebbero rivolte a sciamani ed imbroglioni»). Ma soprattutto «non avrebbe garantito il rispetto per la dignità umana». «È stato giusto far sentire il dissenso ed evitare che una tale norma fosse inserita nel nostro impianto legislativo: sarebbe stato un errore e un atto di miopia politica». Con queste parole il presidente della Camera, Gianfranco Fini torna sulla questione dell'ipotesi, ventilata e poi cancellata, di eliminare per i medici il divieto di denuncia degli immigrati clandestini che richiedono cure sanitarie. Lo fa da un luogo simbolico, ovvero l'ospedale San Gallicano di Roma, trasformato in via sperimentale in Istituto nazionale per la salute, i migranti e la povertà, su iniziativa dell'allora ministro per la Salute Livia Turco, che accompagna il presidente dell'aula di Montecitorio nella sua visita alle sale del nosocomio di Trastevere. Fini sottolinea che «la costituzione fu lungimirante, nel prevedere che il diritto alla salute è un diritto inalienabile. Tradurre questo principio in concretezza è compito delle istituzioni. Ed è un impegno che si sposa con il giuramento medico all'inizio della professione, che è anche una missione».