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Comuni spreconi, da nord a sud tutti i paradossi delle spese municipali

Nicoletta Orlandi Posti
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Si definiscono "Comuni virtuosi" quelli che spendono meno di quello che dovrebbero. Almeno secondo i criteri utilizzati dalla Sose, una società per azioni controllata dal ministero dell'Economia e dalla Banca d'Italia a cui è stato affidato l'incarico di mettere a punto i fabbisogni standard degli enti locali. Ebbene la Sose dal 2010 sta raccogliendo i dati relativi a 6.702 Comuni e Province delle 15 Regioni a statuto ordinario dove risiedono 51 milioni e mezzo di abitanti pari all'85% della popolazione e fra un mese stilerà la classifica dei municipi di manica larga. Ma, avvertono Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella che oggi sul Corriere hanno pubblicato un'anticipazione dello studio, il non considerare la quantità e la qualità dei servizi offerti può generare disastri. Si rischia, cioè, come ammoniscono Massimo Bordignon e Gilberto Turati della lavoce.info, di identificare tra i risparmiosi quelli che non offrono i servizi e tra gli spendaccioni quelli che invece i servizi li offrono. Virtuosi, ma senza servizi - Lo dimostra il confronto tra Perugia e Lamezia Terme. Il capoluogo dell'Umbria ha la peggiore performance in assoluto: nel 2010 ha superato del 31% la spesa standard. Lamezia al contrario, nello stesso anno, ha risparmiato il 41% tagliando sulla riscossione dei tributi (35 mila euro contro un fabbisogno di 446 mila), gli asili nido (641 mila euro contro 930 mila) e il sociale: 2 milioni 522 mila contro 7 milioni 439 mila. Scelte imposte dal peso esorbitante di servizi burocratici come l'anagrafe, lo stato civile e il servizio elettorale: 1.162 mila contro un fabbisogno tre volte più basso, 468 mila. Perugia invece ha speso 36,2 milioni contro i 6,2 stimati come fabbisogno standard per l'ambiente, 31,7 milioni contro 22,5 per lo smaltimento dei rifiuti e 25,3 milioni contro 4 per i trasporti pubblici. Altro esempio riportato da Rizzo e Stella è quello di Casal di Principe, la cittadina della "terra dei fuochi" tenuta in ostaggio per decenni dai Casalesi. Anche Casal di Principe risulta tra i comuni più virtusosi della Campania: nel 2010 ha speso il 41,6% in meno del fabbisogno standard. Ma andando a vedere come spendeva quell'anno i denari pubblici, viene fuori che che per gli uffici preposti a raccogliere le tasse comunali, c'erano briciole. Fabbisogno stimato da Sose: 113.242 euro. Euro impiegati: 167. Cioè 678 volte di meno. Quanto all'ambiente, devastato dai veleni scaricati perfino nel cortile della ludoteca, il fabbisogno stimato era di 445.949: ne spesero un quarto. I denari servivano per la burocrazia municipale. Costosissima. Roma, Napoli, Milano - Costosissima come quella di Roma: nel 2010 ogni cittadino spendeva per i servizi fondamentali 1.695 euro, dei quali 400 per mantenere i dipendenti municipali. A Milano 1.830: 441 per il personale. A Napoli 1.416 euro: per i "comunali" 477. Entrando nel dettaglio delle spese di questi tre capoluoghi, Rizzo e Stella, mettono in evidenza i costi della polizia locale. Il fabbisogno standard di Roma è fissato in 323 milioni: nel 2010 spese il 14,5% in più. All'opposto Milano, che sborsò per i vigili il 38,3% in meno ma anche Napoli, che "risparmiò" il 29%. Eppure il Campidoglio, in quel 2010 preso in esame, fornisce ai cittadini in qualità e quantità molto meno di Palazzo Marino. Lo dimostrano i dati delle multe stradali: i 5.998 vigili di Roma elevavano manualmente 929.442 contravvenzioni (154 a testa: tre a settimana), i 3.179 colleghi milanesi 1.178.780: 370 pro capite, più di una al giorno. Per non parlare delle 79.870 sanzioni di diverso genere fatte a Milano contro le 27.990 di Roma e le appena 963 di Napoli. O dei 255 arresti effettuati dai «ghisa» ambrosiani a fronte dei 110 dei pizzardoni capitolini e dei 64 dei «caschi bianchi» partenopei. Non va meglio per quanto riguarda gli affitti. Nonostante sia proprietario di 59mila immobili il Comune di Roma in mano a Gianni Alemanno, pagava nel 2010 per i locali occupati dalla polizia municipale canoni per tre milioni e mezzo contro i 30.017 euro di Milano: 117 volte di più. Una spesa mostruosa. Che costringeva il Campidoglio a risparmiare su tutto il resto.

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