Un decalogo per gli stranieri: ecco come vi dovete comportare
«Da noi si usa così». Fratelli d'Italia ha deciso di correre ai ripari contro quella che definisce «un'immigrazione selvaggia». Così ha stilato un decalogo destinato a tutti quegli stranieri che hanno scelto il Belpaese per rifarsi una vita. Dieci semplici regole che rivendicano e difendono «usanze e costumi dell'Italia», fa sapere Giovanni Donzelli, capogruppo di Fdi in Toscana. «Rispettare le usanze di un Paese è semplicemente una base di partenza per poterci rimanere», aggiunge come se fosse la cosa più scontata di questo mondo. Ma non tutti così la pensano, e più avanti ne riferiremo. Le regole - E dunque, che cosa dice questo volantino che, per dire, per nulla piace al Pd e a Sel, e non solo a livello regionale? Regole apparentemente banali: tipo che qui da noi si parla italiano, che Natale e Pasqua sono le festività principali, che non si picchiano le donne, che i bambini devono obbligatoriamente andare a scuola. Chi non è disposto a rispettare queste poche ed elementari regole non è obbligato a restare: può sempre fare fagotto e tornare da dove è venuto. Perché il messaggio è chiaro, non ci sono dubbi: l'integrazione deve necessariamente partire anche e soprattutto da chi arriva da straniero nel Paese che lo ospita. Poi ci sono punti del decalogo che, per qualcuno, rilanciano luoghi comuni legati agli immigrati a sfondo persino discriminatorio. Tipo il punto 5, che ammonisce sul fatto che non si possono vendere prodotti falsificati. E il 6, che ricorda come sia vietato in Italia aggirarsi in luoghi pubblici con il volto coperto - un neanche tanto velato riferimento a burqa e affini. E ancora il 7, che invita a «essere puliti e non sporcare la città», e poi il 9, che recita come sia sgradevole per l'intera comunità «sputare per terra» e «urinare sui marciapiedi». Passando per l'8, dove si rimarca come in Italia sia consentito «pregare chi vuoi» ma non offendere, a parole e nei fatti, coloro che sono di religione diversa. Sinistra furiosa - Un decalogo che Fratelli d'Italia ha distribuito anche nei quartieri fiorentini ad alta densità di immigrati. E che, manco a dirlo, ha aperto discussioni e polemiche. La vicepresidente della giunta regionale toscana, Stefania Saccardi del Pd, parla di «operazione demagogica che inasprisce il conflitto tra le persone». E l'onorevole Marisa Nicchi, anche lei toscana e capogruppo di Sinistra ecologia e libertà in Commissione Affari Sociali alla Camera, definisce il volantino «un'istigazione all'odio e alla xenofobia, una generalizzazione allucinante che etichetta l'immigrato», tanto da chiederne il ritiro immediato appellandosi «all'Unar, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della presidenza del Consiglio». Immigrati entusiasti - Certo, non sono soltanto gli immigrati a sottrarsi a queste semplici regole. E lo sa bene anche Giovannio Donzelli,l'esponente di Fratelli d'Italia. «Ma l'intento di quest'iniziativa è quello di fare informazione. Noi diciamo semplicemente che certi comportamenti non sono graditi, e che altri configurano addirittura fattispecie di reato». Peraltro, ancora Donzelli rimarca come non tutte le reazioni siano state negative. Anzi, diverse risposte sono arrivate proprio dai diretti interessati: «Alcune comunità locali di immigrati si sono dette entusiaste di questo provvedimento, perché in questo modo capiscono che li stiamo aiutando, che vogliamo davvero avvicinarci a loro. E intendiamoci, noi non mettiamo nessuna etichetta: tra gli stranieri c'è chi si vuole integrare, chi è rispettoso delle nostre regole e tradizioni. Alcuni di loro ci hanno chiamato per ringraziarci, per dirci che abbiamo fatto un buon lavoro». Il decalogo di Fratelli d'Italia verrà distribuito nelle «zone particolarmente calde», dicono dal partito, quelle dove lo scontro culturale è ancora forte. Come Prato o in alcuni quartieri della stessa Firenze dove «il buonismo della sinistra, quella logica delle porte aperte sempre e comunque, dei diritti e mai dei doveri, nei fatti non ha creato integrazione». E sarà stampato in più lingue. La prima sarà l'arabo. di Claudia Osmetti