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Esami e ticket troppo cari: un anziano su tre non si cura

Alessandra Menzani
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In pensione sempre più tardi, con un assegno sempre più leggero e una speranza di vita minata dalla rinuncia volontaria alle cure mediche. Un quadro terrificante per la generazione '80 - quella che secondo le previsioni di mister Inps, Tito Boeri, potrà lasciare la scrivania non prima dei 75 anni - confermato dalla fotografia di quanto accade ai suoi nonni, i quali ricorrono sempre meno agli strumenti diagnostici del sistema sanitario nazionale non perché colpiti da un' epidemia di masochismo, ma perché costretti a decidere tra mettere la pagnotta sul tavolo e fare una risonanza magnetica. Lasciando la parola ai numeri, il 34% degli italiani che hanno superato i 60 negli ultimi anni ha rinunciato a sottoporsi a visite specialistiche a causa del costo elevato del ticket. Tendenza confermata dal fatto che solo l' 11% di loro può permettersi di dedicare dal 20 al 30% del proprio reddito alle spese sanitarie, a fronte del 46% che non riesce a destinarvi più del 10% di quanto ha in tasca. Lo spiega una rilevazione effettuata dalla Confesercenti-Swg in occasione della Settimana della salute che partirà domani. La drammaticità di questi dati è sottolineata da Lino Busà, direttore della Fipac-Confesercenti. E non si tratta solo di usare la forbice per tagliare prelievi del sangue, radiografie e visite dall' urologo. Se le pretese del Ssn aumentano, non si può dire lo stesso della sua efficienza in termini di risposta immediata alle esigenze del paziente: così, a causa di liste di attesa spesso insuperabili, chi è già costretto a a praticare una spendig review su se stesso, in caso di emergenza deve sborsare fior di euro per accedere alle strutture private e così garantirsi cure tempestive. Si parla del 60% del campione nazionale di over 60. Secondo un' indagine di Altroconsumo della fine dell' anno scorso, la voce sanitaria "mangia" il 14% del reddito netto familiare, con le spese per il dentista in cima alla classifica (1.300 euro in media l' anno). La conseguenza è che quattro italiani su dieci hanno difficoltà a saldare i conti per visite e prestazioni. Per far fronte a questo, spesso e volentieri si innesca un circolo vizioso che finisce per peggiorare le condizioni di salute già precarie: meno ci curiamo, peggio staremo in futuro. La spia è l' aumento dei giorni di malattia chiesti all' anno, passati da una media di 10 del 2010 a 13 nel 2015. E meno persone al lavoro significano meno capacità produttiva dell' azienda, con conseguente impatto negativo sull' occupazione. Altro effetto collaterale dell' insostenibilità delle cure mediche è il boom dei prestiti: per Altroconsumo il 13% degli italiani ha chiesto soldi alle banche o a un familiare per pagarsi le spese sanitarie: in media si parla di circa 3mila euro l' anno, che però il 43% delle persone si dichiara certa di non poter restituire. A gettare benzina sul fuoco è anche l' inversione di tendenza sulla speranza di vita che per la prima volta da anni ha segnato un calo: dagli 80,3 anni per gli uomini e 85 per le donne, del 2014, si è passati a 80,1 anni per gli uomini e di 84,7 per le donne, secondo i dati Istat più recenti resi noti nel rapporto Osservasalute 2015. Oltre a questo dato, per il quale non c' è da esultare, c' è poi la questione delle campagne di prevenzione e degli screening, che non si riescono a fare per mancanza di soldi e che alla salute della popolazione sono ovviamente correlati. L' Italia destina alla prevenzione il 4,1 per cento della spesa sanitaria totale, percentuale che ci piazza tra gli ultimi posti d' Europa. Edoardo Cavadini

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