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Indagato il pm dell'inchiesta Mps, l'accusa: "Spiegava al telefono come difendere il Pd"

Nelle conversazioni telefoniche con un avvocato, i consigli sulla strategia difensiva del Pd
di Lucia Esposito domenica 11 agosto 2013

3' di lettura

La rivelazione via telefono di particolari riguardanti, non solo le sentenze ancora da motivare, ma addirittura i contenuti delle inchieste giudiziarie in pieno svolgimento, sembra un vizio collaudato fra le toghe. Le quali, a differenza di Silvio Berlusconi, alla fine la fanno sempre franca.  Sembrano lontani i tempi in cui l’ex Presidente del consiglio veniva messo sotto inchiesta, processato e condannato per rivelazione del segreto d’ufficio, per avere favorito la pubblicazione su il Giornale della famosa intercettazione («Abbiamo una banca!») tra l’ex capo dei Ds Piero Fassino e  Giovanni Consorte. Erano i tempi della scalata del gruppo assicurativo bolognese Unipol a Bnl. Silvio, con questa storia, ha collezionato una condanna che il prossimo settembre cadrà nell’oblio della prescrizione. Il giudice Antonio Esposito, che invece ha anticipato in un’intervista le motivazioni della sentenza di condanna da lui stesso pronunciata a carico del Cavaliere, rischia (forse) un procedimento disciplinare.  E poco importa se nel rivelare che Silvio Berlusconi fosse (secondo la Cassazione) al corrente della frode fiscale a lui contestata, rischi inevitabilmente di condizionare il relatore Amedeo Franco che ora dovrà scrivere quelle stesse motivazioni. Ai giudici sembra tutto concesso. Basta guardare quanto accaduto a Viterbo, dove  Aldo Natalini, pm nella famosa inchiesta senese sul Monte dei Paschi di Siena, si sente in diritto di rivelare al telefono a un amico dettagli dell’indagine. Questo amico del pm inquirente si chiama Samuele De Santis, soggetto finito sotto accusa per una storia di estorsione a imprenditori invischiati in una vicenda di appalti e tangenti. Samuele De Santis viene addirittura arrestato per falso ed estorsione. Ma tra febbraio e marzo 2013 raccoglie al telefono le rivelazioni dell’amico e compagno di studi Aldo Natalini, pm dell’inchiesta sulla banca. Il magistrato di Viterbo, Massimiliano Siddi, che indaga sull’avvocato per l’estorsione, intercetta le conversazioni e iscrive nel registro degli indagati il collega togato.  Rivelazione del segreto istruttorio, l’accusa. Stando al Giornale d’Italia che ieri ha dato notizia dell’inchiesta, il pm Natalini si sarebbe consultato apertamente con l’amico avvocato sulle strategie legali che si potrebbero intraprendere nel caso nell’inchiesta su Mps venissero coinvolti «anche i vertici del Partito Democratico». Spiegando, da un punto di vista giuridico, «quali sarebbero le eventuali eccezioni cui fare ricorso laddove le indagini andassero a colpire l’alta dirigenza del Pd». Quindi Natalini (stando al Giornale d’Italia) «non solo avrebbe spiegato come si possa difendere Giuseppe Mussari e Fabrizio Viola, ma anche chi direttamente o indirettamente influenza le sorti della Banca “rossa”». Ieri David Brunelli, avvocato di Natalini, ha confermato l’iscrizione nel registro degli indagati del suo assistito, ma ha voluto sottolineare che il magistrato «ha già chiarito tutto». E che «quella per cui il pm è stato indagato è una telefonata dai contenuti irrilevanti».  Anche la Procura di Siena è scesa in campo in difesa del pm inquisito: «Aldo Natalini non è mai venuto meno ai suoi doveri di riservatezza in ordine alle indagini da lui condotte e, in particolare, alle indagini aventi per  oggetto Banca Mps», dice il procuratore capo Tito Salerno, che al magistrato riconosce «la massima serietà e professionalità». Tutto questo nonostante il pm resti indagato e sotto inchiesta per avere violato i segreti dell’inchiesta del più «rosso» degli istituti di credito. di Cristiana Lodi

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