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La storia di una persona "uccisa" dalle tasse: "Che le pago a fare?"

Il video di una ex titolare di un ristorante sulle Alpi, costretto a chiudere i battenti: "Un'ecatombe"

simone cerroni
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"Chiudo il locale e le tasse le paghi qualcun'altro. Io spero che qualcuno mi assuma e che paghi lui le tasse al mio posto. Ma ho qurantanni, cosa vuoi che ti dico, vuoi che ti dico vado a lavorare in nero? Io te lo dico tanto lo fa mezza Italia oramai, tanto è con il nero che si son pagate le tasse fino adesso, ecco perché chiudo, è perché non ho fatto abbastanza nero, anzi non ne ho fatto per niente". Questa la testimonianza della titolare di un ristorante di un piccolo comune delle Alpi, una testimonianza apparsa su Youtube lo scorso 27 gennaio. Nel video una delle tante, troppe, vittime delle tasse, dice che se "continua così, a dicembre chiudo". Detto, fatto. Dopo dieci anni di attività serra i battenti l'ennesimo ristorante alpino, una zona dove le chiusure non sono più un'eccezione, ma la triste normalità. La testimonianza dell'ex titolare Guarda il video su libero TV Il colpo di grazia - Per la donna il colpo di grazia è stata la Tares (il tributo per la gestione dei rifiuti in vigore dal 1º gennaio 2013). La donna non si lamenta della tassa in sè, ma dei mancati servizi che con quei soldi dovrebbero essere finanziati, come l'illuminazione delle strade, lo sgombero della neve, la manutenzione dell'asfalto. Una strada, quella che portava al ristorante, che non è comunale e che è stata etichettata come "vicinale". Ovvero - spiega la donna - è un pretesto per dire che "hai tutti i doveri, ma essun diritto". Per non parlare poi dell'acqua. "Noi avremmo una sorgente perché in queste valli ci sono degli acquedotti privati gestiti da dei consorsi, ma la Asl non ci faceva usare l'acqua degli acquedotti, dovevamo avere quella della Acea". Un garbuglio burocratico. Altri paletti. Altri problemi. "Ad esempio, un anno, a Natale, ci hanno lasciato due giorni senza acqua e l'Acea ci ha messo 24 ore per ripristinarla". Un ristorante senz'acqua, per due giorni, alla vigilia di Natale. E la rabbia di un commerciante che paga le tasse e dallo Stato riceve solo incuria e disservizi. Le chiusure - L'ex titolare, nell'intervista, parla dell'"ecatombe di chiusure" che si è abbattuta in tutta la zona, su tutto l'arco Alpino. Dai negozi ai ristoranti. "Il problema - continua - è che a Torino puoi prendere un mezzo ed andare ad una grande distribuzione, se abiti qui, invece, se ti viene a mancare un negozietto, come quello di alimentari ma anche la posta o addirittura l'ospedale, rischi di morirci". Un grido di dolore, quello della signora, che si è levato pochi mesi prima della sua definitiva resa. La donna poi dice la sua sulle tasse, che non sono solo troppe ma pure sbagliate. Per lei si dovrebbe fare differenza sul regime fiscale imposto ai locali aperti tutto l'anno e a quelli che, invece, sono aperti solo per otto o nove mesi. Parole, pensieri e idee che, però, non hanno cambiato il destino del suo ristorante, che oggi non esiste più.

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