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Rivolte e risse nelle carceri

Venezia e Padova nel caos

Silvia Tironi
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Celledistrutte, suppellettili divelte, coperte e giornali date alle fiamme. Una verae propria rivolta organizzata nella Casa circondariale di Santa Maria Maggiorea Venezia. E poi una sessantina di stranieri detenuti nella carcere di Padovache, nel campo sportivo, hanno davo vita ad una maxi rissa continuata poi nellesezioni,  quando le guardie carcerarie lihanno fatti rientrare. Le due rivolte, avvenute rispettivamente nella notte enel pomeriggio di ieri, sono state rese note dalla Segreteria Regionale del Trivenetodella Uil Pa Penitenziari. Il segretario regionale, Leo Angiulli, sottolinea che "l'inizio delRamadan è stato sempre un momento di tensione accresciuta. Ma questadegenerazione violenta delle proteste nulla ha a che fare con la religione,anche se è auspicabile che l'Amministrazione faccia ogni sforzo per gestirequesta delicata fase”. Secondo EugenioSarno, segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, che già neigiorni scorsi aveva lanciato un appello alla calma, "ci sono molti modiper essere solidali ed aderire alla protesta, persino legittima, viste lecondizioni degli istituti penitenziari. Ma i fatti di Venezia come quelli diPadova, come ancora prima quelli di Firenze, Perugia, Como e così via con laloro natura violenta non sono una dimostrazione di solidarietà, tantomenopossono essere ascritti nel campo delle proteste. Sono fatti violenti e basta.In quanto tali li condanniamo con fermezza. Con quella stessa fermezza con cuidenunciamo le incivili e indegne condizioni strutturali dei nostri penitenziariaggravate dal traboccante sovrappopolamento e le penalizzati, afflittive ,indecorose condizioni di lavoro del personale penitenziario. Se e è legittimomanifestare e protestare, non è consentito degenerare”. Per quanto concerne lasituazione della polizia penitenziaria, prosegue il sindacalista, essa “è intrincea, tra ferie non godute, riposi non fruiti ed emolumenti non percepiti.Per tali ragioni la Uilinvita nuovamente il Guardasigilli a intraprendere iniziative concrete”, perché in questa baraonda a pagarne le piùdirette conseguenze sono gli uomini e le donne della polizia”.

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