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Torino, nigeriano sgozza italiano: il racconto di Renato Farina

di Andrea Tempestini domenica 22 ottobre 2017

3' di lettura

I mercatini della domenica mattina sprigionavano un’essenza segreta. Profumavano di caffè, di acciughe e olive in grandi vasi. Rumori di cianfrusaglie, stampe di Garibaldi e Pio IX. Eri parte di un popolo. Si fingeva di bisticciare sul prezzo. Quando? Pochi anni fa, cioè un’epoca geologica fa. Oggi il mercatino di Torino è stato il teatro di uno sgozzamento come nulla fosse. Una morte più stupida e infame non potrebbe esistere. Ma nello stesso tempo era prevedibile, ovvia, normale in questo nuovo mondo. Così dobbiamo raccontare questa storia disperante e assurda. Camminava al mattino presto, 7 e 40, l’ora migliore per aggirarsi tra le bancarelle, e poi è un ottobre magnifico a Torino, le Alpi brillano e mettono allegria. In via Carcano c’è il “Barattolo”, libero scambio, ci sono molti stranieri, ma a Maurizio Gugliotta piaceva osservare, contrattare. Ammazzato. Era un passante, un italiano normale, 52 anni, ciondolava e si sporgeva sulle mercanzie. Stava con un amico. Un testimone maghrebino, in un video visionabile su Repubblica.it, dice che non c’è stata lite, Gugliotta non ha fatto la voce grossa, voleva solo passare e accostarsi per veder meglio la mercanzia di un altro venditore. Ma il nigeriano, Kalhid Be Greata, 27 anni (regolare, ma senza fissa dimora), irritato forse per l’invasione del suo territorio ancestrale, ha estratto il coltello con rapidità fulminea, e con un fendente esperto, professionale, perfetto per le guerre africane, lo ha sgozzato... Quindi ha cercato di uccidere l’amico del signor Maurizio, ma la lama ha trovato ostacolo nella giubba pesante e costui è sopravvissuto. Il testimone racconta che ad arrestare l’assassino è stato un marocchino della sicurezza interna: polizia municipale e carabinieri non c’erano, assenti come sempre da quelle parti - dice. Dopo l’allarme, ci hanno messo dieci minuti ad arrivare due vigilesse e altri “in divisa blu”, cui è stato consegnato l’omicida. Quasi si trattasse di una estradizione da un Paese straniero. Ehi, ma è l’Italia. O no? Piuttosto zona franca, Stato della filibusta. Libero scambio di cianfrusaglie e di coltellate. Nei dintorni nessuna pattuglia della Guardia di Finanza, di norma in agguato fuori dai negozi e dai bar in centro, e famosa per i blitz nei negozi di Cortina e delle località turistiche. Ma la periferia dev’essere considerata ormai dall’Autorità, che avrebbe il dovere di garantire sicurezza e legalità, una terra di nessuno, anzi un pezzo di Continente Nero autogestito dai suoi migranti. Gli abitanti del quartiere da mesi protestavano, chiedendo alla sindaca grillina Appendino di rimediare al guaio che aveva provocato alla loro vita già complicata di suo. La Appendino aveva disposto il trasferimento in via Carcano di questo mercatino, ormai ufficialmente suk, e i residenti le chiedevano se non di metterci l’adorabile visetto, almeno di spedirci la sua polizia municipale. Niente da fare. La gentile Chiara, di certo più sveglia della omologa romana Virginia Raggi, ha stabilito il trasloco del “Barattolo”, facendolo rotolare lontano dai suoi occhi, ma poi lo ha abbandonato alle sue consuetudini tribali. Come se non fosse un pezzo d’Italia da custodire e dove far valere le leggi della Repubblica. Magari non sempre, nessuno è perfetto, ma almeno la domenica e le feste comandate: quando la gente comune prende un po’ d’aria e non immagina che sotto casa sua domini la giungla con i suoi machete e i riti sacrificali e punitivi dello straniero. Ho scritto straniero. In questo angolo di Torino, e così da molte altre parti, la xenofobia è odio verso l’estraneo, cioè l’italiano. Buone coltellate a tutti. di Renato Farina

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