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Napoli, Davide Bifolco: il fratello che inveisce è ai domiciliari

di Andrea Tempestini domenica 14 settembre 2014

3' di lettura

Napoli è nel caos in nome di Davide Bifolco, il 17enne ucciso da un proiettile partito dalla pistola di un carabiniere venerdì scorso, al culmine di un inseguimento. Un caos sociale, in cui può succedere che una persona sottoposta ad arresti domiciliari improvvisi una conferenza stampa per accusare le forze dell’ordine. Con altri addirittura a inneggiare alla camorra in favor di telecamera. Peraltro, è comprensibile che le forze dell’ordine non possano né vogliano gettare benzina sul fuoco. Anche se la ricostruzione dell’Arma è ferma: l’appuntato non ha premuto il grilletto volontariamente, né ha ignorato procedure che, di notte e in un quartiere difficile come il Traiano, prevedono in certe situazioni la pistola in pugno. L'arringa anti-Stato del fratello di Bifolco Guarda il video su Liberotv Sta di fatto che Davide è morto - l’autopsia è prevista domani - e una certa Napoli può esibire la sua tragedia. Come Tommaso Bifolco, il fratello della vittima. Ha 32 anni ed è agli arresti domiciliari perché a giugno del 2013, insieme ad altre 7 persone, è stato accusato di far parte di una banda che avrebbe messo a segno almeno 13 furti in appartamento, tra Napoli, Caserta, Salerno, Avellino e Benevento. Anche il fratello Alberto, 29 anni, era stato incastrato. Oggi Alberto ha l’obbligo di dimora notturna, così ha potuto partecipare al corteo in onore di Davide e scatenare la propria rabbia contro gli uomini in divisa. «Lo Stato non ci tutela, la camorra sì» ha detto in sostanza. Tommaso invece, a causa di quella condanna, dopo un periodo di carcere ora è sottoposto agli arresti domiciliari, e dunque al corteo non c’è andato. Eppure, nonostante la misura alternativa alla cella predisponga il divieto assoluto di lasciare l’appartamento e parlare con persone non residenti nell’abitazione, Tommaso è uscito all’aperto e si è presentato davanti telecamere e cronisti per ingiuriare le forze dell’ordine. Le immagini lo mostrano prima seduto su una sedia di plastica vicino a un muro, con una folla intorno, e poi in strada, con una macchina sullo sfondo. Difficile pensare a una specifica autorizzazione di un giudice: probabile che le forze dell’ordine non siano intervenute proprio per non accendere ulteriormente gli animi. Intanto, mentre gli amici della vittima anche ieri hanno dato vita a un corteo, la famiglia di Davide tenta di smentire la versione dei carabinieri con foto e video. L’Arma mantiene il riserbo sulle indagini, ma tiene la linea dell’incidente avvenuto mentre i militari tentavano di catturare il latitante Arturo Equabile. L’appuntato ne è certo: sul motorino, tra il conducente Salvatore Triunfo e Davide, c’è proprio il ricercato. I militari intimano l’alt ai tre, sullo scooter senza casco né assicurazione. Ma i ragazzi non si fermano e la gazzella parte all’inseguimento. Un errore, secondo Enzo Ambrosino, il quale alle telecamere ha dichiarato di essere lui il terzo uomo sul motociclo, non l’evaso. E però il teste non si è ancora presentato agli inquirenti per confermare quanto detto ai tg. L’avvocato Salvatore Pane, che difende il militare, ha spiegato che il colpo di pistola, partito accidentalmente, è stato esploso dal carabiniere con la mano destra mentre con la sinistra tentava di bloccare Triunfo, 18 anni e precedenti per furto. L’appuntato sarebbe poi inciampato e il colpo avrebbe raggiunto al petto Davide. Il fatto che impugnasse la pistola col colpo in canna e senza sicura è, comee detto, previsto dal regolamento per interventi difficili. Soprattutto quando si opera in contesti ad alta criminalità, dove fuggire a un posto di blocco e sparare contro gli agenti è prassi. L’ultimo caso è avvenuto il 7 gennaio scorso, sempre a Napoli: anche allora erano in tre, a volto scoperto e sullo scooter. In via Gianturco i poliziotti intimano l’alt, i malviventi esplodono sette proiettili contro gli agenti. Due feriti gravi, ivi per miracolo. Questa è Napoli. di Rita Cavallaro

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