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Jihad, l'ambasciatore Iracheno in Vaticano: "Il Papa nel mirino dell'Is"

di Gian Marco Crevatin domenica 14 settembre 2014

2' di lettura

"Il Papa è un bersaglio e la strategia dell'Is punta sul clamore mediatico". A dirlo è l'ambasciatore iracheno alla Santa Sede Habeeb Al Sadr che sul pericolo jihadista dello Stato Islamico aggiunge: "L'Isis è un tumore che si ramifica per metastasi, possiede cellule impazzite che potrebbero colpire anche al fuori dall'area del Califfato. Ho parlato con i responsabili della Santa Sede. Loro sanno bene quale sia la pericolosità di questi gruppi terroristici. Il Vaticano appoggia il governo iracheno negli sforzi che sono in atto per fermare l'Isis". Mea culpa iracheno - A Franca Giansoldati de Il Messaggero l'ambasciatore conferma gli errori della governance irachena, e alla domanda del perché l’esercito iracheno in questi anni non ha combattuto l'Is e fermato il gruppo terrorista prima che la violenza sfociasse in modo così brutale, Al Sadr fa mea culpa: "Purtroppo alcuni, soprattutto a Mosul, hanno intravisto nell'Isis uno strumento per trarne vantaggio" e sull'escalation jihadista conferma "Pensavano che potesse riportare tanti comandanti sunniti a ricoprire le cariche che avevano in passato." I cristiani abbandonati - Poi c'è il problema delle minoranze, indifese e massacrate dalla furia sunnita, come ad esempio la comunità cristiana. Come spiega l'ambasciatore "più di 100 mila cristiani sono stati costretti a lasciare tutto, ma il nuovo governo iracheno ha firmato un documento che si impegna in questa direzione. I cristiani verranno anche risarciti per i danni subiti". Ma sulla possibilità che possano tornare nelle loro case (a Mosul ad esempio, occupata interamente dalle milizie islamiche, ndr) Al Sadr ci va cauto "Stiamo anche pensando di realizzare una specie di cintura di sicurezza in quella zona per garantire maggiormente i cristiani. Lo abbiamo fatto sapere alla Santa Sede". La forza dell'Is - L'intervista si conclude con una domanda secca: "Perchè l'is è così forte?". L'analisi dell'ambasciatore è centrata e sintetica: "Perché nessuno ha ancora seccato le sue fonti finanziarie". Ma su chi finanzi realmente i miliziani sunniti Al Sadr non si sbottona e si nasconde dietro a un cauto no comment. "Oltre al Qatar, chi?". "Preferisco non dire".

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