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Il saluto romano allo stadio non è reato: le motivazioni della sentenza

di Andrea Tempestini domenica 19 aprile 2015

2' di lettura

La notizia era dello scorso 6 marzo: il saluto romano allo stadio non è reato. E' quanto ha stabilito il tribunale di Livorno che ha assolto quattro tifosi del Verona che avevano fatto il saluto fascista all'interno dello stadio Armando Picchi. La novità è che oggi sono state depositate le motivazioni della sentenza, che spiegano, appunto, perché in quel contesto il saluto romano non è un reato. La spiegazione - Secondo le toghe, come riporta il quotidiano Il Tirreno, il saluto fascista allo stadio non è reato, semmai una provocazione nei confronti della tifoseria rivale, poiché gli stadi "non sono i luoghi deputati alla propaganda politica". E dunque, in un simile contesto, il gesto "non mette a repentaglio la democrazia e la Costituzione" italiana, e soprattutto "non determina - come invece prevede la legge - un pericolo concreto e attuale alla diffusione e alla pubblicazione di idee discriminatorie e violente che possano pubblicizzare un tentativo concreto di raccogliere adesioni a un progetto di ricostituzione del partito fascista". In punta di legge - Sono questi alcuni dei passaggi-chiave delle motivazioni della sentenza con cui settimane fa il giudice Angelo Perrone ha assolto Giovanni Andreis, 23 anni, Andrea Morando, 38, Federico Ederle, 45 e Sebastiano Zamboni. Il gesto dei quattro ultrà scaligeri risale al 3 dicembre 2011, quando fecero il saluto romano durante il match di serie B tra Livorno e Verona: vennero pizzicati dalla telecamere, e successivamente identificati dalla Digos. Ai quattro il pm Alessandro Crini contestò di avere infranto la legge Mancino del 1993, e non la legge Scelba, che invece punisce l'apologia del fascismo. In quest'ultimo caso, infatti, vengono "sanzionati e condannati slogan legati all'ideologia nazifascista, e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali".

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