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Processo Cogne bis. I periti: "Franzoni non ricorda l'omicidio. È sincera"

La donna è stata sottoposta al Test Iat: "Il ricordo nel suo cervello è il ricordo della sua versione"
di Tatiana Necchi sabato 12 giugno 2010

2' di lettura

«Annamaria Franzoni non ha memoria dell’omicidio come atto connesso a un suo gesto, non vi è nessuna traccia amnesica nel suo cervello. È genuinamente convinta di non essere l’autrice del delitto». Questo è il risultato a cui sono giunti due periti della difesa che oggi sono stati sentiti al processo Conge bis: il professor Giuseppe Sartori, docente all’università di Padova ed esperto in neuroscienze cognitive e neurologia clinica, e il professor Pietro Pietrini che si occupa all’università di Pisa dello studio delle basi cerebrali delle funzioni mentali. I due professori hanno sottoposto la donna, che sta scontando in carcere a Bologna 16 anni per l’omicidio del piccolo Samuele, da aprile a novembre del 2009 al Test Iat (Implicit association test, ideato dai ricercatori dell’Università di Seattle nel '98) per capire «se lei ha memoria dell’omicidio del piccolo Samuele come un fatto suo e se sia affetta da un’amnesia o da una patologia simile che alteri la capacità di intendere e di volere». Il test è stato effettuato in riferimento al reato di calunnia di cui deve rispondere la donna in questo processo: nel luglio 2004 infatti la Franzoni denunciò un suo vicino di casa a Cogne, Ulisse Guicharadaz, che però ha dimostrato di avere un alibi e di essere quindi innocente, come autore dell’omicidio di suo figlio. Così oggi in aula è stato proiettato un video dove la Franzoni, di spalle, schiaccia tasti di un computer quando sullo schermo appaiono delle frasi che lei deve giudicare vere o false, anche relative all’omicidio. A seconda della prontezza con cui schiaccia i tasti relativi alle risposte vere o false, il test elabora delle risposte. «Abbiamo cercato di capire - hanno spiegato i periti - quanto il suo resoconto sia compatibile e congruo con l’amnesia presente nella sua testa relativa al delitto. Tredici test hanno dato come risultato che il ricordo nel suo cervello è il ricordo della sua versione, ovvero che i suoi ricordi corrispondono a quanto deposto e alla tesi della difesa. Diciamo che ha una memoria innocente». Così gli esperti non hanno constatato un vizio di mente, ma hanno specificato che il fatto che la donna non ricordi può anche significare che lei abbia rimosso dalla propria mente un episodio, "data la rilevanza emotiva dell’accaduto". Poi hanno detto: «Le emozioni infatti sono in grado di influire tantissimo sul nostro cervello, sui ricordi e sulle informazioni». Con questa tesi concorda il professor Ugo Fornari, psichiatra e consulente dell’accusa nel processo per omicidio, che ha detto: «Allora le nostre tesi non sono così lontane, io sostengo che la Franzoni non ricordi perché ha bisogno di non ricordare per non suicidarsi». Il giudice Roberto Arata ha ribadito, parlando con i periti, che se la Franzoni è genuinamente convinta di non essere autrice, con ciò non viene automaticamente meno la condizione del dolo nell’atto di calunnia.

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