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Ciancimino Jr: la mafia trattò

Ma con singoli, non con Stato

Albina Perri
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 «Sono d'accordo con il generale Mori quando dice che lo Stato non trattò con la mafia, perchè per melo Stato è rappresentato da persone come i giudici Falcone e Borsellino, o l'onorevole Martelli e tanti altri che hanno saputo della trattativa e non hanno voluto trattare. Non parlerei con i giudici se sapessi che lo Stato tratta con la mafia. Bisogna, invece, capire chi sono i singoli soggetti che hanno avviato la trattativa conCosa nostra». Lo ha detto Massimo Ciancimino intervenendo questa mattina alla trasmissione radiofonica 'Radio anch'io'. Parlando della deposizione spontanea, di ieri, del generale Mario Mori al processo che vede imputato l'ufficiale per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, il figlio dell'ex sindaco di Palermo condannato per mafia, ha detto: «Non mi sembra tanto lontano da quello che ho sempre detto io. Il dato importante è che, per la prima volta, dopo 17 anni, e dopo un anno e mezzo che ne parlo io, Mori ha sostenuto una verità innegabile: che lui agli occhi di mio padre non poteva essere credibile, perchè la più importante delle sue inchieste, 'Mafia e appalti', non è riuscita a portarla avanti susua stessa ammissione». «E poi, il primo a parlare del suo 'non rapporto' con la Procuradi Palermo sono stato io», ha detto ancora, «quello era un periodo particolare con una Procura molto garantista». Violante- «Quando il generale Mori venne a propormi un incontro riservato con Vito Ciancimino non si parlava ditrattativa, quindi la mia opinione fu che quell'incontro facesse riferimento ai processi per la confisca dei beni di Ciancimino». Questodetto invece Luciano Violante dopo la sua deposizione di ieri al processo che vede imputato il generale Mario Mori per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. «Poi successivamente, dopo il 21 ottobre del '92 - ha detto ancora l'ex Presidente della Commissione nazionale antimafia - l'idea era che Ciancimino volesse parlarmi dei rapporti tra esponenti andreottiani e la mafia. Quindi, la questione trattativa viene fuori quando viene pubblicato un articolo di stampa». «A quel punto alzai il telefono e chiamai la Procura di Palermo - ha detto - per dire "se vi interessa sentirla, è questa la verità". E questo è tutto». Il fratello di Borsellino- «Sono convinto, ma è una miadeduzione, che il 25 giugno '92, durante l'incontro in caserma,a Palermo, tra mio fratello, il colonnello Mori e il capitano DeDonno non si parlò del rapporto del Ros su mafia e appalti,come ha sostenuto Mori, ma della trattativa tra mafia e stato,di cui Paolo era già a conoscenza, come hanno recentementerivelato Claudio Martelli e Liliana Ferraro». L'ha dettoSalvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso,intervenendo a Radio Anch'io. «Ritengo - ha ribadito - che Paolo sia stato ucciso perchèsi è messo di traverso rispetto a questa trattativa. Con il suocarattere una cosa del genere non l'avrebbe mai potuta accettaree se non l'avesse potuta fermare l'avrebbe denunciatapubblicamente».

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