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Gianluigi Paragone, "i profughi ucraini sì e gli italiani no". Green pass e Ucraina, il legame nascosto

sabato 12 marzo 2022

2' di lettura

"Non capisco perché il governo stia tenendo a casa personale delle forze armate e della polizia non vaccinato. Idem quello sanitario. I profughi che scappano dalla guerra in Ucriana non possono essere rispediti a casa perché sprovvisti di green pass o perché privi di copertura vaccinale né possono essere costretti a farlo in caso di rifiuto; per loro infatti vale il controllo attraverso il tampone. La guerra è più drammatica del virus e non si può pensare appunto di penalizzare i no vax ucraini, per quanto la lotta ai resistenti al vaccino fosse raccontata col linguaggio della guerra". Lo scrive Gianluigi Paragone sulle colonne del Tempo.

"Se dunque occorrerà affrontare la situazione emergenziale dei profughi con personale di pubblica sicurezza e personale sanitario, come può, lo Stato, permettersi di tenere a casa questi lavoratori? Il personale delle forze dell'ordine serve per montare la situazione dei profughi, quello sanitario per fare i tamponi e altro. Faccio un esempio: di fronte al trauma della guerra si può tenere a casa uno psicologo solo perché non ha fatto il vaccino? Io penso di no. Allora che bisogna fare? Se proprio ci tengono, si controllerà questo personale finora discriminato e tenuto sospeso con il tampone, pagato dallo Stato. Ripeto: se vale per i profughi deve valere anche per i lavoratori", ribadisce Paragone.

"Nelle città arriviamo al paradosso di agenti impiegati nel controllo del green pass e a fare multe in caso di violazioni piuttosto che fare quel che i cittadini si aspettano da loro: rendere le città sicure dai balordi. Le assurdità e i controsensi legati ai drammatici risvolti della guerra non si fermano qui. Prima dello scoppio della stessa, i cittadini venivano multati se organizzavano aperitivi di protesta contro il green pass; ora invece è possibile adunarsi per urlare no alla guerra. Bellissimo, ma le manifestazioni o per dirla con il loro linguaggio gli assembramenti non cambiano se si rivendicano i diritti e libertà o se si chiede a gran voce la pace", conclude Paragone.

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