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Giorgia Meloni? Che tristezza l'invidia delle femministe contro chi ce l'ha fatta

di Simona Bertuzzi venerdì 30 settembre 2022

3' di lettura

Che tristezza un paese incapace di festeggiare la sua prima donna premier. Se al posto della Meloni avessero eletto una Serracchiani dal caschetto fugace, l'Italia stapperebbe champagne e masticherebbe fiumi di retorica e orgoglio al pensiero di avere la prima signora presidente del consiglio. Invece è stata scelta la Meloni, donna di destra. E la notizia è risultata talmente indigesta alla sinistra, e ancora più a certe femministe di questo paese ipocrita e stantio, da scivolare nelle ultime righe delle cronache e nei titoli di coda dei giornali. Improvvisamente le articolesse e i salotti sulla condizione femminile, sulla parità di genere, sulle quote rosa e sul famoso tetto di cristallo che ci ha oppresso, schiacciato e umiliato fino a questo momento, sono finite in secondo piano triturate da una foga demolitrice e ideologica che nel rispolverare vecchi spauracchi e regimi morti e sepolti vede nella Meloni la quintessenza di ogni male. È bastato che Chiara Ferragni - influencer prezzemolina di quest' era social e non certo una statista - mettesse in guardia i suoi followers sui rischi di una deriva antiabortista in caso di vittoria di FdI, per riempire le strade di cortei insensati di femministe convinte che Giorgia voglia davvero sopprimere il diritto all'aborto.

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La leader del centrodestra ha spiegato che non toccherà la 194, semmai rinforzerà la prevenzione e gli aiuti alle donne in difficoltà, ma non è bastato... Persino questa estate, quando è cominciato il tiro al bersaglio del Pd e dei soliti commentatori contro la candidata della destra, nessuna delle donne di sinistra che si riempiono la bocca e la penna di diritti civili e poi si indignano per una mutandina di troppo su un manifesto pubblicitario o una letterina dell'alfabeto mal declinata ha versato, non dico una lacrima, ma almeno una riga di inchiostro per fermare lo scempio. Il famoso fattore M... M come Meloni e come Mussolini. Con quei capelli lì. Quella voce lì. Quel modo di parlare un tantino urlato per soverchiare il clamore della folla... vuoi che non sia un chiaro ritorno al Ventennio? Il paradosso è che la campagna di fango è stata a tal punto scientifica e protesa a fare carta straccia dell'avversaria che ha fatto perdere di vista le battaglie vere. La cronaca di queste pagine è lì a dimostrarlo. Si organizzano mobilitazioni in diverse città d'Italia per fermare la Giorgia nazionale. Ma non si muove refolo e neppure un modesto sit-in per la povera Masha Amini arrestata dalla polizia religiosa a Teheran il 13 settembre per mancata osservanza della legge sul velo e perché anche in quell'ora, in quel luogo, davanti a tutti i gendarmi che stavano per toglierle il futuro e la vita a suon di botte, aveva due ciocche che uscivano dal copricapo e anelavano libertà. Ma da noi il problema è la Meloni.

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E così arriviamo a salutare quella che sarà la prima donna premier italiana sessant' anni dopo lo Sri Lanka (pensate che record) - e dopo aver guardato scorrere nella carrellata dei potenti le Liz Truss, Elisabeth Borne, Theresa May, Angela Merkel (per non scomodare i tempi antichi della Thatcher) - senza neppure un festeggiamento. Mesti e tremebondi come si va a un funerale, pronti ad annientare psicologicamente e moralmente la poveretta che osi dire fuori dal seggio elettorale «finalmente una donna al potere... avremo più spazio, più attenzione, più anima e magari uno straccio di welfare che ci aiuti a lavorare e non ci mortifichi a fare la calzetta». Viene il sospetto che dietro l'impalcatura ideologica si nasconda anche quel maldestro rosicare dei successi altrui in cui noi italiani siamo maestri. La sinistra non è stata capace di produrre un premier donna. Il centrodestra sì. La sinistra è una costellazione di nomi autorevoli che si inseguono e susseguono senza mai imporsi. Meloni ha scalato il centrodestra da un misero 1,9% e si è fatta strada in un mondo - la politica - maschilista per definizione stessa di alcuni politici (e non perché agisce e pensa da maschio, come ha detto qualche autorevole commentatore). La diffidenza rende tristi, sosteneva Totò. Qui è qualcosa di più della diffidenza. Ma l'effetto è lo stesso.

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