Dodici anni. Dodici anni per una sentenza civile, per un risarcimento, per una moglie ricoverata ad Arezzo e morta a Siena, a 77 anni, in quella che doveva essere un’operazione di routine e invece è finita con un coma irriversibile, col dolore, quello più grande, quello della perdita della persona amata. Dodici anni e la beffa finale perché nel frattempo lui, il marito afflitto per la perdita improvvisa, sconvolto, deciso a vederci chiaro, come è giusto che sia in questi casi, è morto a sua volta. Perché dodici anni sono tanti, sono troppi, per ottenere giustizia e anche un indennizzo di 750mila euro (che adesso andranno ai figli della coppia, ma non è questo il punto: il punto è che i tempi infiniti dei nostri tribunali, specie di quelli civili, sono una vergogna senza fine). Inizia tutto a gennaio del 2011.
L’ipotesi viene scartata da un’inchiesta penale che assolve in appello il team degli operatori sanitari, solo che il filone civile va avanti lo stesso. Anche se lentamente. E arriva all’epilogo appena in queste ore: con la condanna al pagamento di quei 750mila euro per la Asl che ha curato la signora, anche se siamo solo al primo grado. Dodici anni, cioè, e c’è solo il primo verdetto, che con ogni probabilità verrà impugnato (quindi la vicenda non è nemmeno conclusa qui) anche in vista della decisione penale. Lui, il marito, intanto non c’è più, è morto ed è morta anche la sorella della donna. Adesso sono rimasti solo i figli (e la nipote) che non possono far altro che attendere (ancora) e vedere e sperare. Dodici anni e tutte le carte sono ancora sul tavolo, compresa quella dell’accordo extragiudiziale che è una possibilità (concreta) a cui potrebbero aggrapparsi.