distinguere e giudicare

Discriminare humanum est, la provocazione: fa parte della nostra libertà

Corrado Ocone

Uno spettro si aggira per l’Europa, per citare il vecchio Marx. Non è però il proletariato, bello e sepolto da un pezzo nelle nostre società individualistiche e post-industriali. È la paura e l’orrore di discriminare, e quindi commettere quello che sembra oggi ai più il peggiore atto possibile. «Tacciare qualcuno di comportamento discriminante significa insultarlo e calunniarlo», osserva causticamente l’economista americano Walter Block. Che però si chiede: discriminare, cioè distinguere e giudicare, non è propriamente scegliere? E scegliere non significa esercitare la propria libertà? Un uomo che non discrimini è ancora libero? In effetti il pensiero non discriminatorio che ci si vorrebbe imporre è proprio quello che ha una risposta pronta e corretta, prestabilita e giusta, per ogni problema. È un “pensiero unico”, proprio come quello dei totalitarismi che hanno funestato il secolo scorso.

Uguale è l’idea di uno Stato etico, cioè di un potere centralizzato che, mascherandosi dietro l’idea di voler combattere le discriminazioni di gruppi o soggetti particolari, finisce per regolare i nostri comportamenti e quindi per annullare del tutto la nostra libertà di scelta. Queste tesi le troviamo argomentate con rigore e acume in un libro del 2010 di Block che ora Liberilibri tradotto da Lorenzo Maggi: Le ragioni della discriminazione. Una difesa radicale della libertà di scelta (prefazione di Llewellyn H. Rockwell, Jr., pagine 200, euro 18).

Per l’autore, se una società non discriminante è impossibile in punta di diritto, lo è pure di fatto. In effetti, proprio a dimostrazione che la discriminazione è la realtà della vita ed è ovunque, Block osserva che «non c’è alcuna differenza di principio tra le caratteristiche che sono attualmente tutelate (razza, genere, nazionalità) e quelle che non lo sono (altezza, peso, intelligenza, bellezza)».

 

 

 

IL PRECEDENTE FAMOSO

Nulla esclude perciò che lo Stato un domani possa imporre i suoi parametri standard anche su queste ulteriori differenze fra gli umani. Meglio fermarlo in anticipo. In sostanza, l’agognata società non discriminante sognata dalla sinistra liberal di tutto il mondo è in realtà una società solo diversamente discriminante. Block è famoso soprattutto per il suo volume Difendere l’indifendibile, che alla sua uscita nel 1976 ebbe un discreto successo e colpì favorevolmente Hayek.
In esso, egli usava un metodo spiazzante: prendeva categorie o fatti comunemente stigmatizzati e mostrava, con una logica ferrea, come essi non debbano esserlo perché portano a loro modo un contributo positivo nell’economia generale della società.

I ragionamenti per assurdo di Block avevano forse un solo difetto: l’assoluta logicità, appunto, con la connessa idea che la realtà sia aggredibile e sviscerabile solo con la razionalità formale. Non c’è però dubbio che questo metodo, che Block ripropone anche in questo libro sulle discriminazioni, sia affascinante e catturi il lettore, soprattutto se usato da mani esperte e raffinanon te. una il grinza farà adirafa Ad esempio, ragionamento di Block, che re non poche femministe, sulla discriminazione delle donne da parte degli uomini. Egli rovescia completamente il comune affermare e osserva che, «in realtà, la maggior parte degli uomini discrimina a favore delle donne, in particolari se giovani e carine. In passato, le hostess venivano selezionate sulla base della giovinezza e della bellezza».

Nella più classica tradizione dell’individualismo libertario, Block considera immorali le cosiddette “azioni positive” con cui lo Stato vorrebbe intervenire per eliminare ogni tipo di discriminazione, ad esempio quella di genere o quella di razza. In quest’ultimo caso, osserva, l’ “azione positiva” è dannosa sia per i bianchi sia per i non bianchi. I primi sono posti ingiustamente in una posizione di svantaggio, che limita la scelta, mentre per secondi si tratta di un vero e proprio “schiaffo in faccia”. C’è, per questi ultimi, come “un’implicazione istituzionalizzata che essi abbiano bisogno dell’aiuto del governo”. In sostanza, ogni «azione positiva tende a esacerbare gli stereotipi esistenti e ad approfondire le fratture razziali».Proprio il contrario di quel che essa si proponeva. La morale è sempre quella: fate sapere al potere che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni!