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Le mani degli arabi sulle nostre chiese: il caso di Siena

Alessandro Dell'Orto
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Quando il longobardo Warnifredo - castaldo (cioè amministratore per conto del re) stanziato a Siena - nel 730 fece costruire il Monastero di Sant’Eugenio dotandolo di 10mila metri quadrati di esterno, tra terre e possedimenti circostanti, mai avrebbe pensato che quell’abbazia sorta sulle colline senesi, a 10 km dalla futura Piazza del Campo, sarebbe durata 1293 anni sopravvivendo a guerre e distruzioni, carestie e pandemie. Milleduecentonovantatre annidi storia, cultura, religione che ora, però, rischiano di andarsene in un attimo, puff. Già, perché lo straordinario castello - due chiostri più una chiesa, tre piani per un totale di 6.200 metri quadrati -, considerato il Monastero più antico della Toscana e schedato nel catalogo dei Beni culturali, architettonici e paesaggistici della Soprintendenza alle Belle arti delle province di Siena, Arezzo e Grosseto, è in vendita da due settimane. Il prezzo è altissimo, ovviamente, e si parte da 10 milioni di euro, ma proprio per questo fa gola ai ricconi di tutto il mondo e soprattutto a loro, gli arabi.

I quali, dopo aver acquistato club di calcio, marchi di moda e le aziende più prestigiose, faranno di tutto per non farsi sfuggire un gioiello come questo, investimento che, a parte loro e qualche fondo americano, possono permettersi in pochissimi. E il rischio altissimo è che, anziché essere rivalutato rispettandone la storia e la religione, il Monastero venga trasformato in un esclusivo e freddo posto di lusso. Alla faccia del passato e dei valori cristiani che ha rappresentato in più di un millennio, vedendo crescere ed evolversi, pochi passi davanti a sé, la città dedicata alla Madonna: Siena.

 

LE SUORE E I PROFUGHI

A mettere in vendita l’abbazia è la Congregazione delle figlie della carità di San Vincenzo De’ Paoli, proprietaria dell’immobile che fino a qualche anno fa ospitava una quarantina di suore (soprattutto postulanti e quindi di passaggio per sei mesi), ma che ultimamente, a causa della mancanza delle vocazioni e degli enormi costi di gestione, era stato abbandonato dalle religiose e utilizzato saltuariamente dalla parrocchia per l’accoglienza di profughi, per poi finire completamente in disuso.

Le trattative per la cessione sono state affidate a Lionard Luxury Real Estate, l’azienda fondata a Firenze nel 2008 che si occupa esclusivamente dell’intermediazione e della vendita di immobili di prestigio in Italia, e che garantisce massima riservatezza su costi e contatti (fin troppo, visto che nessuno dei dipendenti è autorizzato a dire niente, nemmeno da quanto tempo l’annuncio è apparso sul sito). In pochi giorni, però, si sono già fatti vivi molti possibili acquirenti e alcuni di loro sono anche andati a visitare di persona il monastero, per capirne condizioni e potenzialità.

D’altronde si sta parlando di un gioiello meraviglioso, che trasuda storia d’Italia e non solo. «Un anno dopo averlo fatto costruire, Warnifredo lo donò ai Benedettini Cassinesi- viene spiegato sul Catalogo generale dei Beni Culturali -. Ai benedettini poi vennero aggregati, il 29 ottobre 1446 con bolla del pontefice Eugenio IV, i monaci di Santo Spirito di Siena e quelli di San Salvatore all’Isola. Nel 1270 nella zona si accamparono le truppe di Carlo d’Angiò per mettere a saccheggio Siena e nel 1553 Pietro Strozzi, condottiero italiano e maresciallo di Francia, vi eresse delle fortificazioni: episodi questi che portarono distruzione all’intero complesso».

Peripezie, passaggi di proprietà e una storia sempre più complicata. «Rimase sede dei monaci benedettini fino al 1786, anno in cui essi si trasferirono in San Domenico - viene raccontato ancora sul Catalogo generale dei Beni Culturali -. Fu allora adibito a residenza estiva ed in parte affittato. Con la soppressione napoleonica del 1810 il monastero passò al demanio e quindi, nel 1812, acquistato dai fratelli Griccioli che ne rimasero proprietari fino al 1932. Essi lo trasformarono adattandolo a loro dimora. Alcuni edifici vennero abbattuti per formare il giardino. Successivamente venuto in possesso della congregazione di San Vincenzo De’ Paoli, è stato adibito a casa di riposo». Proprio quella in cui, fino a pochi anni fa, vivevano le suore della Congregazione delle figlie della carità di San Vincenzo De’ Paoli.

 

DUE CHIOSTRI

La struttura ora è abbandonata e serviranno lavori di ristrutturazione, ma la base è quella di un castello incantevole che si articola intorno a due chiostri. «Il chiostro principale, con un giardino centrale e un pozzo - si legge sul sito di Luxury Real Estate -, è in stile rinascimentale, caratterizzato da archi a tutto sesto con colonne in arenaria sormontate da eleganti capitelli. Il secondo chiostro presenta pilastri esagonali in laterizio. L’intero complesso è realizzato in muratura mista di tufo e laterizio. All’interno, si può ammirare un piccolo sacello affrescato nella volta con medaglioni e grottesche, opera di un artista senese del tardo Cinquecento. La maggior parte degli ambienti sono voltati e affrescati».

E ancora. «La chiesa, parte integrante del monastero benedettino, ha condiviso la storia del monastero e ha subito alcune modifiche nel corso degli anni. La famiglia dei conti Griccioli ha contribuito alla ristrutturazione completa del monastero e della chiesa, tra cui l’abbattimento del campanile e la ricostruzione della facciata in laterizio in stile neorinascimentale. All’esterno, la caratteristica distintiva è rappresentata dal tiburio cilindrico che avvolge la cupola. All’interno, la chiesa è caratterizzata da tre navate voltate a crociera, con la cupola che si erge all’incrocio con il transetto, dove si trovano due altari in stucco. La chiesa vanta un arredamento ricco, che include il coro ligneo e la fonte battesimale». Tutto bello e tutto da sogno, vero. Ma la ricchezza del Monastero di Sant’Eugenio, oltre alle architetture, è data proprio dai vari passaggi della storia, dalla religione, dalle sofferenze che hanno caratterizzato per oltre un millennio il gioiello voluto dal longobardo Warnifredo. Che ora, però, rischia di snaturarsi e forse sparire sotto il lusso della mano araba, dopo essere sopravvissuto a 1293 anni di guerre e distruzioni, carestie e pandemie.

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