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Carrefour, "prodotti troppi cari: ritirati dagli scaffali". Una sfida senza precedenti

Giorgio Valleris
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Quello spazio vuoto sullo scaffale dove, fino a poche ore prima, si trovavano decine di bottiglie e lattine di Pepsi Cola è coperto da un cartello che attira l’attenzione dei clienti che, con i loro carrelli, attraversano le corsie del supermercato per il rito settimanale della spesa. "Non vendiamo più questa marca a causa di un aumento inaccettabile dei prezzi d’acquisto. Ci scusiamo per il disagio causato. Carrefour si impegna a ridurre i prezzi".

Un “embargo” che non riguarda solo la celebre bevanda gassata ma anche altri prodotti della galassia PepsiCo come le patatine Lay's e quelle del brand Doritos e Gatorade.

Una decisione clamorosa da parte del colosso francese della grande distribuzione che fa sapere: «Anche Carrefour Italia è coinvolta nell’azione internazionale del gruppo Carrefour relativa a PepsiCo, nei punti vendita dove gli assortimenti sono esauriti si trovano già i cartelli che comunicano al cliente la decisione di interrompere la vendita di questi prodotti».

La questione non riguarda più solo i punti vendita francesi che hanno dato il via all’iniziativa ma, da qualche giorno, anche quelli italiani. Consideriamo che la catena dei supermercati transalpini conta circa 1.500 punti vendita nel nostro Paese tra Ipermercati Carrefour, Carrefour Market, Carrefour Express e Cash and Carry ed è presente praticamente in tutte le regioni dello stivale.

 

 

CARRELLO - Basta fare un giro in uno dei negozi della catena per rendersi conto che, tra i clienti che sfilano per le corsie intenti a rispettare la fatidica lista della spesa scritta su un foglietto oppure sul proprio smartphone c’è anche chi, incuriosito, si china a leggere il cartello senza commentare.
Le ragioni per cui un alimento non può più essere venduto sono tante e, spesso, il ritiro non è dovuto ad aspetti di sicurezza alimentari come lotti contaminati o rischi per la salute dei consumatori. Il più delle volte si tratta di difetti della confezione o di altri motivi per cui il prodotto non è adatto alla vendita al dettaglio (etichette scorrette, packaging danneggiato..). Il problema non è marginale - come sottolinea un’inchiesta de Il fatto alimentare - visto che ogni catena ritira all’anno almeno 300 prodotti dagli scaffali.

Ma qui siamo di fronte ad una scelta inedita che pone il colosso francese della GDO contro un altro colosso, quello a stelle e strisce. 

Basti pensare che Pepsi conta una ventina di marchi è ha generato 79 miliardi di dollari di fatturato nel 2021 e di 80 miliardi nel 2022. Inoltre, tra giugno e settembre PepsiCo ha alzato i listini in media dell’11%, accettando un calo di volumi di vendita del 2,5%, con nuovi rincari previsti per il 2024.

L’iniziativa, partita in Francia fin dai primi giorni di gennaio, non è rimasta isolata. Il presidente del gruppo Leclerc (altro gigante della grande distribuzione d’oltralpe) ha puntato il dito contro le grandi aziende alimentari che, a suo dire, hanno aumentato i prezzi per i distributori fra il 6 e il 10%, e perfino del 20% in alcuni casi, motivo per cui starebbe valutando il boicottaggio di alcuni prodotti. Vedremo se, anche dalle nostre parti, altri supermercati daranno vita ad azioni simili.

 

 

CATENA - Insomma, Carrefour ha lanciato un guanto di sfida in piena regola a PepsiCo. Secondo Giovanni Zanier, amministratore della Central Marketing Intelligence, «quello a cui stiamo assistendo è un braccio di ferro che viene da lontano e impatta le grandi catene Retail in tutto il mondo. All’assottigliarsi dei margini si riducono i posti a scaffale. La posizione di PepsiCo è simile ad altri brand: preservare la marginalità anche a discapito dei volumi di vendita. In PepsiCo sanno bene che la decisione di Carrefour di sospendere le vendite nei propri negozi in Francia, Italia, Spagna e Belgio riguarderà lo 0,25% delle proprie entrate totali. La notizia in Italia ha iniziato a rimbalzare online tra il 4 e il 5 gennaio e, dai nostri tracciamenti sulle menzioni, i consumatori non la percepiscono al momento come un’iniziativa a loro tutela».

Per il momento nessuna replica ufficiale da parte di PepsiCo che, solo pochi giorni fa, aveva diramato una nota sottolineando che, «per il 16mo anno consecutivo, PepsiCo è stata certificata “Top Employer”, ottenendo il quinto posto tra le migliori aziende in cui lavorare in Italia». Ma al di là della guerra tra le due multinazionali, la questione di fondo è che, negli ultimi vent’anni, il potere di acquisto degli italiani si è ridotto sempre più. Ci sono decine di studi e ricerche che, con prospettive e cifre diverse, lo dimostrano ampiamente. Come sempre però, al lato pratico basta fare un giro con il proprio carrello nei supermercati per rendersene conto sulla propria pelle. O meglio, sulle proprie tasche. 

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