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Sesso in carcere, ecco come funzionano le "oasi" di piacere (e dove verranno installate)

di Claudia Osmetti sabato 24 febbraio 2024

3' di lettura

A fare da apripista dovrebbe essere Padova. O meglio, il carcere Due Palazzi della cittadina veneta. Neanche un mese dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha, di fatto, stabilito il diritto all’affettività in carcere (ritenendone illegittimo il suo divieto assoluto), sono alcune associazioni per i diritti dei detenuti, come la padovana, appunto, Granello di senape, ad annunciare l’arrivo delle “stanze dell’amore” dietro gli altri cancelli della casa circondariale del luogo. La questione, in realtà, sembra ancora in divenire, anche perché (poi ci arriviamo) il plauso non è unanime, però ecco: quantomeno dovrebbe esserci la volontà di attuarle. E dovrebbero anche essere una rivoluzione che fa rima, non a caso, con sperimentazione: sarebbe la prima volta, insomma, che in Italia, vengono pensati spazi e strutture appositi agli incontri coniugali. Coniugali per modo di dire, tra l’altro, perché su questo la Suprema Corte, a gennaio, è stata chiarissima: i colloqui senza i controlli a vista del personale di custodia devono riguardare sia i coniugi che i compagni legati da un’unione civile o una convivenza stabile. Il che, nella pratica, apre concretamente alle coppie di fatto.

COSA SONO
Ma cosa sono queste “stanze dell’amore”? Si tratterebbe, fa sapere Ornella Favero, che è la direttrice della rivista Ristretti Orizzonti legata alla Granello di senape, di «strutture mobili e prefabbricate, dei container per capirci, nelle quali potrebbero essere predisposte stanze private per gli incontri intimi».  L’idea sarebbe quella di “istallarle” nel cortile o nel piazzale del carcere. Nelle prossime settimana, a Padova, dovrebbero essere fatti i primi sopralluoghi: «Devo dire che non ci speravo più», aggiunge Favero, «sono 25 anni che attendavamo questa rivoluzione e, finalmente, sembra arrivata. Abbiamo fatto una riunione in cui il direttore (del penitenziario, ndr) si è detto favorevole, mi auguro che le cose si concretizzino velocemente». Tra l’altro, nello stesso carcere, si parla, ora, anche della possibilità di ampliare le telefonate che i detenuti possono fare.

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L’affettività in prigione è un tema di cui, negli ultimi tempi, si discute parecchio. Questa settimana, alla commissione Giustizia della Camera, il capo del Dap, ossia del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo ha assicurato che «intendiamo dare non piena ma di più, un’avanzata risposte all’ordine specifico che la Corte Costituzionale ha dato, in attesa delle valutazioni del legislatore». Ed è giusto così, anzi siamo anche in ritardo. In Europa siamo rimasi trai pochi a non aver (ancora) adottato provvedimenti in questo senso; gli incontri amorosi (o anche, e perché no?, sessuali) tra i detenuti e i loro partner non infrangono l’esecuzione della pena e, ovviamente, uno Stato di diritto (e al seguito una società che si dice civile) deve tenerne conto. Dopotutto si tratta di essere “umani”, e di esserlo persino con chi ha sbagliato (ammesso di essere convinti che tutti quelli finiti dietro le sbarre lo abbiano fatto, posizione smentita dalle statistiche che sostengono che, ogni anno, entrino in prigione per via di frettolose misure cautelari, almeno 900 innocenti).

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LE REAZIONI
Però (e ci siamo arrivati) non tutti paiono essere d’accordo. «Non esiste alcuna autorizzazione specifica riguardante la casa di reclusione Due Palazzi di Padova o altri istituti in Italia a proposito delle cosiddette “stanze dell’amore”», afferma il sottosegretario leghista alla Giustizia Andrea Ostellari. «A seguito della pronuncia in merito della Consulta», prosegue Ostellari, «sarà costituito un tavolo di lavoro per approfondire l’argomento. Ogni eventuale iniziativa verrà intrapresa dal Dap che coordinerà, dopo una ricognizione delle strutture, tutti i provveditorati e, a caduta, i singoli penitenziari. Le carceri hanno bisogno di serietà, non propaganda». Propaganda o meno, le indicazioni della Corte Costituzionale hanno tracciato la strada.

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