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La Cnn: "Pizzaballa candidato intrigante"

di Elisa Calessi mercoledì 7 maggio 2025

3' di lettura

Mentre la squadra cardinalizia si prepara alla partita del Conclave, sugli spalti le cancellerie di mezzo mondo “tifano” (e provano a consigliare gli allenatori). Fuor di metafora- e chiedendo perdono per il paragone prosaico - è indubbio che la scelta da oggi affidata ai cardinali sia seguita con attenzione dai leader politici di tutto il mondo. A prescindere dalla fede. Per un dato oggettivo: il Papa non è solo il capo spirituale della Chiesa cattolica (che comunque visto il numero dei fedeli non è cosa trascurabile), ma anche, per il suo ruolo, un leader mondiale, che con una parola o un gesto può cambiare la storia. Si è visto più volte in passato. Ecco perché da Washington a Pechino, da Parigi a Londra, da Tel Aviv a Mosca, si guarda con attenzione a quello che accadrà nella Cappella Sistina, valutando, spingendo, cercando di pesare. Il più esplicito, in queste settimane, è stato Donald Trump, che non ha nascosto un certo attivismo, mostrandosi più volte con il cardinale Dolan, grande conservatore come lo sanno la maggior parte dei cardinali americani. Ma il principale interesse del presidente americano non riguarda tanto l’orientamento dottrinale del nuovo papa. Se c’è un aspetto che Trump non ha perdonato a Papa Francesco è l’apertura verso la Cina, grande nemico dell’attuale presidente. L’attuale amministrazione, perciò, spera innanzitutto in un Pontefice che chiuda la porta cinese per tornare a privilegiare l’Occidente. Così come distante dalla visione di Trump (America First) è il “multilateralismo” professato da Bergoglio e tradotto nella scelta di decentralizzare il collegio cardinalizio, con nomine di dagli angoli sperduti della terra e una sovrarappresentazione (rispetto alla presenza cattolica in quei paesi) dell’Asia.


Al contrario in Europa, in particolare a Parigi e a Londra, si spera in un Papa che prosegua, anche geopoliticamente parlando, sul solco “multilaterale” e decisamente non trumpiano di Papa Francesco. Per questo si guarda al cardinale Jean-Marc Aveline, vescovo di Marsiglia. O a una voce che sia autorevole nei conflitti che stanno bruciando l’Europa e il Medio Oriente. Cina, Filippine, India, ovviamente, guardano a uno dei tanti cardinali asiatici, di papabili ce ne sono tanti, per continuare la spinta bergogliana a spostare il baricentro verso est. Un punto di mediazione potrebbe essere il cardinale Pierbattista Pizzaballa, amato dai conservatori (compresi i cardinali americani), ma anche dai progressisti per il ruolo di pontiere che da anni sta svolgendo in Terra Santa tra Israele e Gaza. Ha, poi, dalla sua, altri due punti forte: è giovane rispetto (ha 60 anni) e viene da un ordine religioso, i francescani, che lo lega al Papa che scelse il nome del poverello di Assisi. Solido teologicamente, è anche un grande pastore. Fu lui a porsi come ostaggio in cambio dei bambini israeliani rapiti di Hamas. Ma lo stesso si disse disposto a fare per i bambini di Gaza. Non a caso, ieri, la Cnn parlava di lui, Patriarca latino e primo cardinale di Gerusalemme, come di «un candidato intrigante», «un portatore di pace» e «una figura inconfondibile nei corridoi bui dell’antico patriarcato di pietra in questo angolo travagliato del mondo», un religioso la cui «fede è stata messa alla prova, sfidata, a volte persino messa in dubbio, ma alla fine è più forte di tutti gli interrogativi incontrati lungo il cammino». Una scelta che parlerebbe al mondo soprattutto in queste ore in cui Israele minaccia una nuova offensiva a Gaza. Certo, il governo di Tel Aviv non farebbe i salti di gioia. Ma non si può dire che Pizzaballa sia inviso agli ebrei.

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L’ala cattolica conservatrice americana, però, spinge anche su altri candidati. Il New York Times ha raccontato le iniziative della cosiddetta “America Week”, un evento annuale che vede la partecipazione di influenti gruppi cattolici americani conservatori e di politici europei legati ai valori tradizionali. A causa della morte del Papa, gli eventi si sono svolti un po’ in sordina. Ma non sono stati del tutto cancellati. A Palazzo Brancaccio, ha raccontato il quotidiano newyorkese, si è svolta una cena di alto livello sul futuro della Chiesa. Tra i partecipanti, Brian Burch, critico di Papa Francesco nominato da Donald Trump ambasciatore presso la Santa Sede, insieme a figure come Antonio Giordano, deputato di FdI, e la principessa tedesca Gloria von Thurn und Taxis, che fu grande amica i Ratzinger, insieme a politici della destra europea. Tra i cardinali preferiti da questo fronte emerge Peter Erdo, ungherese sostenuto da Viktor Orbán e dal defunto cardinale George Pell.

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